1 luglio 2015 ore: 16:58
Immigrazione

Migranti a Roma, “basta centri di accoglienza monoetnici e affidi diretti”

Dopo la chiusura del tendone per i richiedenti asilo afgani, parla l’assessore alle Politiche sociali Danese, mentre continua la polemica sui numeri. “Quella cooperativa era sotto inchiesta, tutti i casi di fragilità sono stati presi in carico. Via alla fase due dell’accoglienza, basata sulla legalità.
Migranti e accoglienza. Tutti in fila
Roma, la struttura che ha ospitato gli afgani in transito ai giardini di piazza Vittorio
Tendone afgani ai giardini di piazza Vittorio2

ROMA - “Il contratto era in scadenza, la cooperativa è sotto inchiesta, l'interdittiva era una strada obbligata”. L'assessore alle Politiche sociali di Roma, Francesca Danese, chiude il discorso sulla chiusura della tensostruttura per afgani transitanti di Tormarancia, avvenuta ieri: nel 2011, per l'affidamento del servizio per un anno, c'era stata una ricognizione a trattativa riservata a cinque enti. Da allora si è passati da una proroga all'altra, “ma a questo punto non avremmo più potuto prorogare”, e al 30 giugno il servizio è stato interrotto. A complicare le cose c'è in corso un contenzioso fra Ipab San Michele, proprietario dell'area, e l'amministrazione, per riavere gli spazi.

Tendone afgani ai giardini di piazza Vittorio3

Danese spiega però che tutte le situazioni di fragilità sono comunque state prese in carico, tre persone sono state accompagnate in ospedale, a tutte, tramite servizio Sos (Sala Operativa Sociale del comune) è stato dato il supporto informativo necessario per indirizzarle in altre strutture e consigliare i percorsi più adatti, due operatori saranno fissi nell'area per i prossimi dieci giorni a fornire tutte le informazioni necessarie. “E non è vero che ci sono 200 afgani a piazza Vittorio– sbotta l'assessore – ieri ce n'era solo uno, oggi ne abbiamo incontrati cinque e monitoriamo il territorio. Le persone non sono lasciate sole e di noi si possono fidare. Va detto che non si poteva tenere in piedi una struttura che costa oltre un milione di euro l'anno per quindici ospiti e 150 posti. Attualmente ci sono solo 12 afgani fra i banchi del mercato di via Odescalchi, che comunque stiamo seguendo”.

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Ma i numeri sembrano non tornare, e persino sugli orari di presenza degli operatori non c'è concordanza: gli operatori della tensostruttura spiegavano che dalla notizia della chiusura (il 18 giugno) non accettavano più nuovi ingressi, per evitare problemi di ordine pubblico, e che questo sia il motivo di cifre così basse. E Andrea Catarci, presidente dell'VIII Municipio che ha organizzato per domani un incontro con le associazioni di volontariato che si sono impegnate in questi anni e non sembra intenzionato a lasciar cadere la questione, è sul piede di guerra: spiega in un comunicato che ieri sera personale della Sos si è recato al tendone intorno alle 22, ma già alle 19.30 gli operatori avevano mandato via una quindicina di afgani che chiedevano accoglienza, mentre questa mattina altrettante persone sono state allontanate dopo aver dormito nello scheletro di cemento abbandonato di Via Cerbara, in un’altra area del quartiere Tormarancia di proprietà dell’Ipab - Istituto Romano San Michele. Altri tre gruppetti di circa venti persone ciascuno hanno trovato rifugio notturno nei giardinetti limitrofi e fra i banchi del mercato come nelle scorse notti, “mentre tra tutti gira la voce di andare verso Piazza Vittorio, confidando nell’aiuto dei connazionali che gestiscono alcune attività economiche”.

- “Vogliamo arrivare finalmente alla fase due dell'accoglienza, basata su legalità, trasparenza e giustizia sociale? – insiste però Danese - Dobbiamo allora accogliere con dignità, e sicuramente ci vogliono altre risorse per i numeri importanti di Roma, e va assolutamente superata anche la logica dei centri monoetnici, è ora di dare una vera integrazione fra i richiedenti asilo e con i cittadini”. L'obiettivo, spiegano un’altra fonte dall'assessorato, compatibilmente con le ristrettezze del bilancio, è creare piccolissimi nuclei di accoglienza che abbiano il minimo impatto reale e simbolico sul territorio, mentre nell'immediato l'unità mobile si dà da fare per i vari quartieri. In questo caso, come nei casi precedenti riguardanti i residence, si rende necessario ottimizzare le risorse.

Nel frattempo è stato raggiunto a tempo di record l'accordo per l'albergo dei Ferrovieri, che sarà dedicato ai transitanti (che preferiscono definire “stranieri temporaneamente presenti sul territorio”), segno “dell'attenzione della Giunta per questo tema”. Nell’ex Ferrhotel non vi saranno solo gli eritrei, protagonisti della gara di solidarietà dei cittadini romani delle scorse settimane, ma anche gli altri richiedenti asilo di passaggio. Probabilmente i posti letto saranno più dei 150 originari, e in 30 giorni lavorativi dovrebbe essere messo a disposizione. “L'emergenza è dinamica in termini numerici, non è richiesta una quota fissa, dipende dai periodi”.

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“Sicuramente – conclude Danese con riferimento al conflitto con il Municipio – ci poteva essere una maggiore comunicazione fra il Dipartimento e il Municipio, e mi dispiace, anche se erano ormai mesi che si parlava della chiusura, così come mi dispiace per gli operatori e i lavoratori, che spero siano ricollocati come in altri casi. Ringrazio inoltre le associazioni, in particolare Medu e Abuon Diritto, che hanno supportato fino ad oggi gli ospiti della struttura”. (Elena Filicori)

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