Migranti, accoglienza diffusa per superare l'emergenza: il “modello Trieste"
ROMA – Diversamente da quanto è avvenuto (e sta avvenendo) in molte altre città italiane, a Trieste l’accoglienza emergenziale è stata solo temporanea. L'esperienza realizzata nella città evidenzia come sia possibile contenere e risolvere in tempi relativamente brevi situazioni di emergenza con interventi mirati di inclusione sociale e dotando il territorio di strutture di accoglienza che opereranno sul medio-lungo periodo. Lo dice il report realizzato da Ics, Consorzio italiano solidarietà e Caritas.
Il dossier spiega come il sistema di accoglienza triestino (facente capo al Comune di Trieste in forza di una convenzione con la Prefettura di Trieste e gestito da Ics– Consorzio Italiano di Solidarietà e Fondazione diocesana Caritas) non abbia mai ceduto a logiche emergenziali e abbia costantemente perseguito l'obiettivo di stabilizzare un sistema di accoglienza diffusa ed integrata nel territorio. Parallelamente, nel corso di tutto il periodo considerato, Ics e Caritas hanno messo in atto una strategia di forte crescita delle strutture di accoglienza diffusa, costituite in sempre maggiore prevalenza da appartamenti e in misura minore da centri collettivi di piccole/medie dimensioni. Ciò ha permesso, con la primavera 2016 (grazie anche dalla diminuzione degli arrivi), di contrarre fortemente i centri di prima accoglienza per arrivare ad una situazione nella quale più del 70 per cento dei posti di accoglienza, ad aprile 2016 è rappresentato dall'accoglienza diffusa (esattamente l’opposto di quanto succede a livello nazionale). Una predominanza, quella dell'accoglienza diffusa che si accentua ulteriormente con la chiusura, a metà maggio 2016, della struttura emergenziale di Valmaura.
“Alla pressione dell'autunno 2015 si è risposto sia aumentando i posti di accoglienza sia, da parte della Prefettura di Trieste, incrementando i trasferimenti da Trieste verso altre località del territorio regionale e nazionale – spiega il dossier -. I trasferimenti tuttavia non sempre sono stati sufficienti e costanti e ciò ha determinato temporanee situazioni critiche, la più acuta delle quali ha riguardato il mese di novembre 2015. Tuttavia, grazie all'utilizzo temporaneo della struttura di primissima accoglienza sita nel rione di Valmaura i disagi sono sempre rimasti contenuti in limiti accettabili. Un forte intervento è stato realizzato sul Silos, anche con una costante presenza quotidiana di operatori sociali di Ics e con spostamenti quotidiani, “prosciugando” progressivamente quella situazione fino a quando, ad inizio gennaio 2016, l'accesso alla struttura è stato formalmente proibito con ordinanza comunale”.
Il rapporto rivela inoltre che la quasi totalità dei richiedenti si concentra nella fascia d'età compresa tra i 18-35 anni. Tra le persone in accoglienza, la maggior parte sono richiedenti asilo (quasi il 70 per cento) e tra essi c’è un’elevata percentuale di richiedenti nei cui confronti è pendente la procedura di accertamento dello Stato competente ad esaminare la domanda di protezione, ai sensi del cosiddetto Regolamento Dublino III. Con larga maggioranza le domande di protezione esaminate in sede amministrativa risultano fondate con conseguente riconoscimento giuridico di una delle tre forme di protezione previste dall'ordinamento (status di rifugiato, status di protezione sussidiaria, status di protezione umanitaria). Netta è la prevalenza dello status di protezione sussidiaria trattandosi di persone che fuggono da condizioni di conflitto armato interno o internazionale.