Migranti. Ancora 50 vittime del mare: "Bloccare l’accordo Italia-Libia"
Foto Sea watch
ROMA – Bloccare l’accordo Italia-Libia per fermare le stragi di migranti nel Mediterraneo. E’la richiesta dell’Arci alla lice dell’ultima tragedia che si è consumata in pochi minuti davanti agli occhi dei volontari di Sea Watch, il 6 novembre scorso. Oggi sono stati diffusi gli audio e i video dell’operazione di salvataggio, dove si sente anche la radio della Marina militare italiana chiedere alla Guardia costiera libica di collaborare con l’ong. E di spegnere i motori perché un uomo era rimasto bloccato sotto la nave. Episodi che aveva già raccontato Gennaro Guidetti, un volontario dell’ong a Redattore sociale, subito dopo il naufragio.“La guardia costiera libica, con una motovedetta pagata dal contribuente italiano (visto le risorse che il nostro paese versa in base a quell’accordo), esegue, per conto del nostro governo, i respingimenti vietati dalla legge – sottolinea l’Arci -. E’ la drammatica dimostrazione delle conseguenze concrete dell’accordo tra Italia e Libia. Si commette, provocando una strage (50 persone morte in pochi minuti), un’azione illegale, perché vietata dalla nostra legislazione e da quella internazionale, ma la si affida alla guardia costiera di un paese che a quelle regole non si attiene, in modo che la responsabilità non venga ricondotta al nostro governo”.
“Per fermare la strage bisogna bloccare l’accordo con la Libia, cancellare il codice per le ong che di fatto ne ha impedito l’azione provocando un aumento dei morti in mare, ripristinare un programma pubblico di ricerca e salvataggio, come fu Mare Nostrum, aprire con urgenza vie di fuga sicure almeno per le categorie vulnerabili - minori, donne e persone con problemi sanitari - oggi ancora prigioniere nell’inferno libico o che in quell’inferno vengono riportate dalla guardia costiera libica – conclude la nota dell’Arci -. Senza questa netta inversione di marcia qualsiasi parola spesa a commento delle terribili immagini di quella tragedia non sortiranno effetto. L’accordo con la Libia, come quello precedente con la Turchia di Erdogan, riportano l'Europa ai suoi tempi più bui, quando, davanti alle migliaia di persone deportate, uccise, torturate per anni i governi europei hanno preferito fingere di non vedere. La vera emergenza democratica sta nel dilagante razzismo, che si alimenta grazie alla retorica di un’invasione che non c’è. Fermare subito le stragi, questa è l’unica vera emergenza”.
Per l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) il naufragio del 6 novembre chiama in causa anche l’Italia. “Occorre certamente ricordare le responsabilità della Libia in quanto occorso. Al contempo, tuttavia, occorre sottolineare la responsabilità dell’Italia e dell’Unione europea per quanto avvenuto il 6 novembre o in occasioni similari, perché tali eventi si generano solo grazie alla delega delle attività di respingimento da loro fornita alla Libia, al loro coordinamento pratico, alle loro politiche, alla fornitura di mezzi finanziari e risorse strumentali, dunque grazie all’aiuto ed al sostegno alla commissione di crimini da parte della Libia o di altri regimi non democratici – sottolinea l’associazione -. In particolare la responsabilità dell’Italia è legata alla violazione (tra gli altri) degli artt. 3, 5, 8 e 13 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, del principio di non refoulement e di numerose norme di diritto internazionale anche a tutela dei rifugiati non è solo morale e politica, ma altresì giuridica, derivando dalla violazione della Costituzione italiana e dalla normativa internazionale sulla responsabilità degli Stati nella violazione del diritto internazionale (cfr. art. 16 del Progetto di articoli sulla responsabilità internazionale degli Stati). “L’Italia, invero, altro non fa che delegare i respingimenti, le torture ed i trattamenti inumani alla Libia con prassi già condannata dalla Cedu con la nota sentenza Hirsi contro Italia. Diviene dunque improcrastinabile e necessario attuare una seria revisione della politica in materia di immigrazione che ponga quale prioritaria l’esigenza di tutelare la vita e la dignità delle persone”.Sul memorandum Italia-Libia l’Associazione studi giuridici per l’immigrazione sta portando avanti un ricorso al Tar . In particolare l’Asgi intende per impugnare il decreto del ministero degli Esteri 4110/47. I soldi stanziati dal Maeci per il fondo Africa, che dovevano servire agli “interventi straordinari volti a rilanciare il dialogo e la cooperazione con i paesi africani d’importanza prioritaria per le rotte migratori” sono stati, infatti, destinati al progetto di esternalizzazione delle frontiere. In particolare 2,5 milioni di euro sono stati impiegati per la rimessa in efficienza di quattro motovedette da consegnare alla Guardia costiera libica.
Anche il Centro Astalli esprime profondo cordoglio e indignazione per la morte dei 50 migranti avvenuta incredibilmente durante le operazioni di salvataggio in mare. “Per quanto tempo si potrà continuare a guardare con crescente indifferenza e assuefazione alla morte di innocenti? Ormai la morte di uomini, donne o persino bambini non scuote più le anestetizzate coscienze europee. L’ecatombe che si consuma ogni giorno nel Mediterraneo è di fatto derubricata a mero effetto collaterale di politiche di contenimento dei flussi – sottolinea Padre Camillo Ripamonti -.Quanto vale la vita umana? È questa la domanda che manca completamente oggi nel dibattito politico e nel racconto mediatico sulle migrazioni. Dare una risposta a questa domanda rappresenta oggi un’assunzione di responsabilità necessaria e non più derogabile da parte di chi ha responsabilità politiche e di tutta la società civile".
Il Cnca: "L'Italia non allontani da sé le responsabilità". "I video e gli audio messi a disposizione dalla ong Sea Watch - dichiara don Armando Zappolini, presidente del Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca) - parlano chiaro e le scene che vediamo e che sono state raccontate dagli stessi esponenti della ong sono agghiaccianti, una vergogna per qualunque paese civile. La condotta della Guardia costiera libica viola i più elementari diritti umani, mentre esseri umani indifesi, affranti, sconvolti, cercano solo di trovare scampo da una violenza impressionante."
"Non pensi il governo italiano di allontanare da sé facilmente ogni responsabilità - continua il presidente del Cnca -, ad esempio rivolgendosi in modo sprezzante nei confronti di organizzazioni come Amnesty International o del commissario dei Diritti umani del Consiglio d'Europa e liquidando i rilievi critici avanzati da Caritas Italiana, come ha fatto due giorni fa il capo di gabinetto al ministero dell'Interno. O raccontando la favoletta che l'Italia non c'entra con i respingimenti. A tal proposito si rimane allibiti dal sapere che 2,5 milioni di euro di soldi stanziati per il Fondo Africa - che dovrebbe servire agli ‘interventi straordinari volti a rilanciare il dialogo e la cooperazione con i paesi africani d'importanza prioritaria per le rotte migratori’ - sono stati piuttosto utilizzati per la rimessa in efficienza di 4 motovedette che saranno consegnate alle autorità libiche. Sosteniamo, per questo, l'importante azione che vede protagonista l'Asgi in un ricorso presso il Tar in cui viene contestato proprio questo uso scellerato di denaro pubblico."
"Le partenze sono riprese, da molti più punti di prima - conclude don Zappolini -, le navi delle ong che assicurano realmente una possibilità di soccorso in mare sono drasticamente diminuite, i morti in mare aumentano. Abbiamo ancora negli occhi le foto dei migranti sbarcati a Salerno il 5 novembre, a bordo i corpi di 26 donne morte durante la traversata. E le condizioni di vita nelle carceri - questo sono - legali e illegali libiche restano tremende. Sappia il governo italiano che noi, al pari di tante altre organizzazioni della società civile, ci opporremo con nettezza a una politica per l'immigrazione fallimentare e inaccettabile dal punto di vista morale e politico." (ec)