Migranti, associazioni in presidio: no ai decreti Minniti-Orlando e sicurezza
Roma - Un secco no ai decreti legge Minniti-Orlando e sicurezza (in fase di conversione in Parlamento) che rappresentano “un passo indietro sul piano dei diritti e della civiltà giuridica del paese”. Lo hanno ribadito le associazioni in sit-in davanti a Piazza Montecitorio, mentre è in corso il voto di fiducia sui provvedimenti. In piazza le principali sigle del mondo del terzo settore che si occupano di accoglienza e immigrazione, tra cui A Buon Diritto, Arci, Asgi, Centro Astalli, Baobab Experience, Cgil e Cisl. “Siamo qui perché pensiamo che questo provvedimento non assicuri garanzie ma suggerisca che i migranti sono persone da perseguire”, sottolinea Filippo Miraglia vice presidente di Arci, commentando il decreto Minnito- Orlando. “Si giustifica questa operazione dicendo che così si accorciano i tempi delle procedure d’asilo, in realtà questi verranno allungati e si appesantirà il lavoro dei tribunali. Ci saranno tempi più lunghi e si spenderanno più soldi”.
Le associazioni in piazza hanno espresso in particolare contrarietà rispetto all’abolizione del secondo grado di giudizio per il riconoscimento del diritto d’asilo e all’abolizione del contraddittorio nell’unico grado di giudizio. “In tal modo – sottolineano – non solo viene violato il diritto alla di difesa ma si preclude la valutazione in concreto della persona, del ricorrente e del suoi eventuale percorso di inclusione sociale ai fini della valutazione del rilascio del permesso di soggiorno per fini umanitari”.
A non piacere è anche il cosiddetto decreto sicurezza che dà maggiori poteri ai sindaci. “Si tratta di due decreti che rispettano la stessa logica: togliere garanzie a chi già non ne ha - afferma Patrizio Gonnella presidente di Cild – si enfatizza un tema come quello della sicurezza quanto tutti gli attori coinvolti dicono che questa emergenza non esiste. Sono lo specchio di quanto fatto da Maroni nel 2008 e sono solo una manovra elettorale”.
Le associazioni si dicono pronte a tornare in piazza, a ricorrere nei tribunali ma anche a disobbedire a due provvedimenti che ritengono ingiusti. (ec)