23 aprile 2015 ore: 14:34
Immigrazione

Migranti, Astalli: "Affondare i barconi non serve, siamo di fronte a un olocausto"

Per padre Ripamonti al centro del documento che si discute oggi a Bruxelles c’è ancora una volta solo il tema della sicurezza: “Bisogna proteggere le persone non le frontiere”. Richiamo all’accoglienza anche da parte di Enzo Bianchi: “Regioni cattoliche sono quelle che accolgono meno, si facciano un esame di coscienza”
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ROMA – “Affondare i barconi e rinforzare Triton, non possono essere l’unica risposta a quanto sta succedendo nel Mediterraneo. Speriamo che in sede di confronto oggi possano uscire proposte differenti, che rilancino anche l’idea di corridoi umanitari, che sono l’unica vera arma alla lotta ai trafficanti”. Lo ha sottolineato padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, a margine della presentazione oggi a Roma del Rapporto annuale 2015. In attesa di sapere quale sarà l’esito del Consiglio europeo straordinario sull’immigrazione, previsto oggi a Bruxelles, il Centro Astalli esorta dunque l’Europa a fare di più, perché “nei dieci punti che i ministri degli Stati membri dell’Unione hanno redatto e che verranno discussi oggi vediamo sì il tentativo di mettere mano alla situazione, ma al centro troviamo, ancora una volta, la sicurezza e la protezione dell’Europa e non i migranti – aggiunge Ripamonti -. Frontex con i suoi programmi di difesa delle frontiere esterne sembra rimanere un baluardo irrinunciabile”.

Secondo il presidente del Centro Astalli, non si può pensare di fare la lotta ai trafficanti affondando semplicemente i barconi: “una volta colpite le imbarcazioni troveranno altri mezzi per portare persone qui – spiega - la via è creare ponti umanitari legali che li sottraggano a questo mercato. La guerra ai trafficanti, da condurre bombardando con droni le barche prima che prendano il mare, impedirebbe alle persone di partire senza offrire loro un’alternativa. Così ci troveremmo di fronte a un blocco navale, anche se in versione più tecnologica e asettica”. Per Ripamonti l’imperativo dell’Europa deve essere “ proteggere le vite umane e non proteggere le frontiere” .  “Non ci convince neanche il rafforzamento di Triton, perché è un’operazione di controllo delle frontiere che ripropone la paura di essere invasi, mentre per noi serve una Mare nostrum europea che ha come obiettivo prioritario il salvataggio di vite in mare. Sicuramente la guerra agli scafisti va fatta, questo è un punto importante ma non può essere l’unico su cui far convergere l’Unione europea. Mi auguro che oggi, in sede di confronto possa emergere qualche posizione diversa”.

Il Centro Astalli sottolinea che l’Unione Europea sta affrontando la questione immigrazione con poca disponibilità a prendere seriamente in considerazione il punto di vista dei più vulnerabili. “Forse tutto questo accade perché anche noi, cittadini di questa Europa vecchia e stanca - come l’ha definita a Strasburgo papa Francesco - a cui oggi attribuiamo tutte le responsabilità, non abbiamo per primi il coraggio di cambiare – continua Ripamonti - Noi, nei nostri quartieri a volte divisi e inospitali; noi, nelle nostre regioni in cui non vogliamo fare spazio ai rifugiati; noi, che facciamo poco per capire le ragioni dell’altro. Siamo noi il volto di questa Europa, e se vogliamo che questo volto sia umano dipende da noi. Forse proprio i rifugiati sapranno restituirci quell’umanità che stiamo rischiando di perdere”:

Sulla stessa scia anche Bernardino Guarino, direttore dei programmi del Centro Astalli. “Siamo di fronte a un vero e proprio olocausto – afferma -. L’Unhcr ha stimato 3.500 morti nel 2014 e già 1.800 nei primi mesi del 2015. Cinque persone su cento, durante il viaggio, perdono la vita. Per tutto il 2014 abbiamo sostenuto la necessità di continuare l’operazione Mare Nostrum, che poteva contare su un forte consenso nella società civile. L’ipocrisia dell’Unione Europea ne ha decretato la chiusura. E i morti di oggi pesano ancora più sulle nostre coscienze. Se ci fosse stato ancora Mare Nostrum, ha dichiarato l’Alto Commissario delle Nazioni Unite Guterres, i recenti naufragi non sarebbero accaduti”.

Alla presentazione è intervenuto anche Enzo Bianchi, priore della comunità di Bose che ha esortato tutti a contrapporre alla xenofobia la filoxenia propria delle culture greche, ebraiche e cattoliche. “Dobbiamo chiedere perdono ai rifugiati per come non abbiamo saputo impedire queste tragedie e per come restiamo indifferenti rispetto al loro sogno umano di poter vivere – afferma - . Siamo noi i responsabili di quanto sta avvenendo, di questi esodi che si traducono nell’essere sommersi nel mar Mediterraneo”. Bianchi ha anche tuonato contro le regioni che oggi non vogliono accogliere i migranti.  “Quando papa Francesco parla la sua voce suona in un deserto- sottolinea - Bisognerebbe che alcune chiese locali italiane si chiedessero perché i loro sforzi di evangelizzazione hanno portato la loro gente a essere la meno capace di praticare la carità e l’accoglienza verso gli stranieri. I dati statistici ci dicono che le regioni più cattoliche sono quelle che hanno maggiori difficoltà ad accogliere gli stranieri , si facessero un esame di coscienza”. (ec) 

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