Migranti, Caritas: nelle parrocchie anche i profughi inviati dalle prefetture
ROMA – Dopo l’appello di Papa Francesco ad aprire le porte delle chiese e degli istituti religiosi ai profughi, la Caritas di Roma chiama a raccolta tutte le strutture della diocesi capitolina: fino al 30 settembre sarà possibile inviare la disponibilità all’accoglienza dei migranti che arrivano sul suolo italiano. L’annuncio dell’avvio del progetto è stato dato dal cardinale vicario Agostino Vallini e da monsignor Enrico Feroci, direttore della Caritas diocesana, di fronte al clero di Roma riunito nella basilica di San Giovanni in Laterano, e fa seguito alla dichiarazione del cardinale Vallini resa nota nei giorni scorsi, dopo una riunione ad hoc del Consiglio Episcopale diocesano e dei direttori degli Uffici del Vicariato. L’appello ora è “alla generosità per rendere concreto il Giubileo della misericordia ormai alle porte”, le risposte sono attese entro fine mese. Intanto sono già 60 i posti messi a disposizione da 9 parrocchie romane.
Nelle chiese anche i profughi inviati dalle prefetture. L’arrivo dei migranti sarà gestito dalla Caritas di Roma che si coordinerà con la prefettura della Capitale. I posti saranno messi a disposizione sia per la prima che per la seconda accoglienza. Rientreranno quindi in questo progetto anche una parte dei profughi da accogliere, previsti dalle quote di ripartizione regionale. Per ora però numeri certi non ce ne sono. Innanzitutto, si procederà con il censimento delle strutture a disposizione per capire come e dove ospitare le persone. Oltre ai migranti che arrivano dopo lo sbarco, il progetto prevede anche l’inclusione dei rifugiati che hanno concluso già il percorso all’interno della rete Sprar.
“I profughi ospitati saranno in prevalenza eritrei, somali e afghani – spiega la Caritas - in particolare, uomini o mamme con bambini. Quanto alla formazione, curata dalla Caritas insieme all’Ufficio diocesano per la pastorale delle migrazioni, è arrivato alle parrocchie l’invito a ospitare incontri per sensibilizzare gli operatori pastorali, le famiglie, i giovani sulle complesse tematiche del fenomeno fornendo loro informazioni corrette al fine di evitare ogni sorta di strumentalizzazione”.