Migranti, Caritas: “Rilanceremo l’accoglienza nelle famiglie italiane”
ROMA – La Caritas Italiana rilancerà il progetto “Rifugiato a casa mia” che ad oggi ha coinvolto già diverse famiglie in una decina di città italiane. È quanto fa sapere Oliviero Forti, responsabile immigrazione Caritas italiana a margine dell’incontro del Tavolo immigrazione e asilo tenutosi oggi in Viminale per discutere dell’accoglienza dei migranti nei prossimi mesi. Per Forti si è trattato di un’esperienza che “ha funzionato” e “c’è la disponibilità di altre Caritas ad avviare una riflessione in questo senso. Crediamo che a breve rilanceremo la proposta al nostro network per dare un segno e per cercare di alleggerire i territori dato che sono le stesse famiglie che si impegnano a seguire l’accoglienza e l’integrazione di queste persone”. Il progetto riguarda richiedenti asilo e rifugiati che sono già passati attraverso i circuiti Caritas o Sprar. Si tratta quindi di accoglienza di secondo livello, spiega Forti, per persone che sono pronte ad avviarsi all’autonomia attraverso questo percorso in una famiglia. Ad oggi il progetto è attivo ad Aversa, Biella, Teggiano Policastro, Cagliari, Volterra, Rimini, Genova, Savona, Milano, Trento e Faenza, anche se con numeri contenuti. “Sono numeri da sperimentazione – spiega Forti - ma i dati sono stati molto incoraggianti e vorremmo provare a rilanciare il progetto”.
Di accoglienza si è discusso oggi al Viminale al Tavolo immigrazione, a cui partecipa anche Caritas italiana. “L’intento è quello di rispondere il più efficacemente possibile a numeri che sono sotto gli occhi di tutti e crescenti – sottolinea Forti -: fino ad oggi nel 2015 sono 24 mila le persone arrivate sulle nostre coste, nel 2014 erano 20 mila e c’è già un chiaro aumento. Attualmente in accoglienza ci sono poco più di 80 mila persone e quindi adesso l’esigenza è da un lato provare a liberare i posti cercando di accelerare le procedure delle richieste d’asilo, dall’altro quella di individuarne di nuovi posti”. Per quanto riguarda il reperimento di nuovi posti, spiega Forti, ci saranno delle gare, ma saranno “anticipate da una individuazione previa dei posti, per evitare che si facciano le gare e poi incontrare difficoltà nel reperire i posti”. Tuttavia, spiega Forti, “rimane un problema di enti locali che in molte parti d’Italia non danno disponibilità in tal senso. Questo è l’altro elemento un po’ critico”.
La chiusura da parte alcuni degli enti locali all’attivazione di nuovi posti, infatti, sta mettendo in crisi proprio l’accoglienza diffusa che, secondo Forti, “si può garantire solo se c’è la compartecipazione di tutti i soggetti territoriali”. Una limitazione che porterebbe portare, per quanto riguarda la prima accoglienza, all’individuazione di strutture di ampie dimensioni. “Se abbiamo disponibilità limitate da parte di territori per varie ragioni – aggiunge Forti -, tra cui l’indisponibilità di vari comuni, si è costretti all’accoglienza di altro tipo, che nessuno vuole. L’idea è quella di trovare un maggior coinvolgimento degli enti locali. Solo così è possibile garantire l’accoglienza diffusa”. (ga)