Migranti, due su cinque sono lavoratori "poveri"
ROMA - Il lavoro non basta per vincere il rischio povertà. Lo sanno bene gli stranieri in Italia che malgrado abbiano un impiego non riescono a far tornare i conti: il 41,7% del totale degli occupati stranieri infatti è considerato “lavoratore povero” contro il 14,9% degli italiani: guadagnano meno 850 euro al mese e 7 su 10 hanno un lavoro temporaneo o un part-time. Lo rileva l'ultimo Rapporto Immigrazione di Caritas e Migrantes. Particolarmente penalizzate le donne: se nel caso degli italiani la percentuale di lavoratrici povere sul totale delle occupate è del 27,6% contro il 10% degli italiani nel caso degli occupati stranieri è del 59,3% contro il 25,4%. Per gli osservatorio “la condizione dei working poor comincia ad essere considerata un elemento non residuale, bensì caratterizzante, del mercato del lavoro italiano”. Dal 2014 al 2015, infatti, la quota si è quasi stabilizzata, con un leggero spostamento dal 18,8% al 18,2%.
Nel II trimestre 2015 su oltre 4 milioni di persone in età da lavoro, oltre 2,3 milioni di occupati stranieri (che costituiscono il 10,5% del totale), di cui 1.575.157 extra-Ue (66,7% degli occupati stranieri) e 785.150 lavoratori comunitari . L’88,5% degli occupati stranieri è dipendente. Gli stranieri in cerca di occupazione sono 455.578 (14,7% del totale), di cui 328.070 di nazionalità non Ue (72% del totale in cerca di occupazione). Gli inattivi stranieri sono 1.251.261, di cui 922.510 non Ue.
La maggior parte degli occupati stranieri al Nord e in particolare in quelle del Nord Ovest (788.405, il 33,4% del totale degli occupati stranieri) e del Nord Est (586.940, 24,9%), dove gli stranieri alla ricerca di lavoro rappresentano circa un terzo del totale dei disoccupati. La minore presenza di lavoratori stranieri si registra, invece, nel Mezzogiorno: solo il 17,3% dei lavoratori Ue e il 13,7% degli extra-Ue è residente in una regione me- ridionale. Nelle regioni del Mezzogiorno la disoccupazione è quasi totalmente italiana
Sono occupati soprattutto nel settore dei servizi collettivi e personali (29,8%), nell’industria in senso stretto (18,4%), nel settore alberghiero e della ristorazione (10,9%), nelle costruzio-ni (9,6%) e nel commercio (8,3%). Nell’insieme di questi settori è collocato il 77,0% degli immigrati. Per le donne tsi conferma la tendenza delle “tre C”: caring, cleaning e catering (cura, pulizia e ristorazione): è in questi settori che si concentra la presenza do donne straniere.
Part-time involontari degli immigrati. Tra gli occupati stranieri quasi il 50% ha un contratto di lavoro stabile a tempo indeterminato, ma con salari più bassi rispetto agli occupati italiani. Un significativo altro 20,4% è composto di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, "che hanno un contratto a tempo parziale che dichiarano di aver dovuto accettare non avendo trovato una posizione stabile", sempre con retribuzioni inferiori rispetto agli italiani che svolgono lo stesso lavoro. “Non va trascurato - sottolineano gli osservatori - che questi contratti part-time involontari degli immigrati nascondono trasformazioni di lavoro nero in 'lavoro grigio' caratterizzate da dichiarazioni di falsi part-time”. Per le donne straniere occupate "emerge una condizione più svantaggiata" rispetto agli uomini, sia nei contrattuali stabili (40,9% vs 57,6%), che nel part-time involontario a tempo indeterminato (32,5% vs 10,1%). Le differenze salariali, poi, risultano particolarmente significative anche tra donne straniere e donne italiane.