29 aprile 2015 ore: 14:08
Immigrazione

Migranti, ecco come arrivare in Italia legalmente. Lo spiegano una guida e un sito

E’ l’iniziativa dedicata ai cittadini marocchini e tunisini, lanciata dal Centro Idos e dal Ministero dell’Interno per combattere l’immigrazione irregolare, diffondere la conoscenza di percorsi alternativi e favorire l’integrazione
Valigia con bandiera italiana

ROMA - Una guida bilingue rivolta a cittadini marocchini e tunisini per spiegare come arrivare in Italia in modo regolare. E’ il progetto Iprit (immigrazione percorsi di regolarità in Italia) lanciato dal Centro Studio e Ricerche Idos e finanziato dal Ministero dell’Interno. Lo scopo è quello di eliminare l’immigrazione irregolare dal Marrocco e dalla Tunisia e diffondere la conoscenza di percorsi alternativi. L’iniziativa ha coinvolto le autorità e le associazioni locali che si sono impegnate a diffondere informazioni utili a chi vuole raggiungere il nostro Paese senza cadere nella rete della clandestinità. Marocco e Tunisia sono due dei Paesi da cui provengono i maggiori flussi migratori. Nel 2014 hanno ottenuto un permesso di soggiorno 25.000 marocchini e 5.491 tunisini.

“Abbiamo cercato di portare in Marocco e in Tunisia dei modelli di buone pratiche, informando prima di tutti gli operatori pubblici e privati che hanno il compito di guidare e dare risposte a chi vuole emigrare”, spiega Mohamed Sady, presidente dell’Associazione nazionale Oltre le Frontiere (Anolf). “Questo perché crediamo che nell’irregolarità non ci può essere integrazione”.

Il progetto Iprit guarda anche ai più giovani: per loro la Fondazione Mondo Digitale ha ideato un kit multimediale disponibile online. Come spiega Ilaria Graziano, responsabile del progetto, “il nostro obiettivo è quello di utilizzare i social media e il web per moltiplicare i percorsi di conoscenza. Per questo abbiamo creato prodotti digitali in lingua francese diffusi su più piattaforme. Abbiamo aperto un blog, un sito, una pagina facebook e un canale youtube dove è possibile consultare slide e videoclip che spiegano le normative sull’ingresso in Italia”.

L’iniziativa è stata appoggiata dal governo tunisino: “L’immigrazione irregolare è un affare solo per gli scafisti. Negli ultimi anni il numero di tunisini entrato senza permesso in Italia è diminutivo”, afferma Mohamed Ali Mahyoub, consigliere per gli affari sociali dell’ambasciata tunisina, “ma il governo italiano e l’Europa devono aumentare le quote di migranti regolari per offrire a tutti la speranza di una nuova vita”. Secondo i dati presenti dal centro Idos in Italia i tunisini rappresentano il 3 per cento degli stranieri. La maggior parte si stabilisce al Nord (62 per cento): solo l’Emilia Romagna ne accoglie 27.997.  Negli ultimi anni è aumentato il tasso di disoccupazione, pari al 25 per cento e nel corso del 2013 è cresciuto di 14 punti percentuali. La maggior parte trova lavoro nel settore delle costruzioni.

Hachem El Moummy, consigliere per gli affari sociali dell’ambasciata del Marrocco ha, invece, sottolineato l’importazione di dare dignità ai lavoratori stranieri: “La nostra è la prima comunità non comunitaria presente in Italia. Ci siamo integrati anche se siamo stati duramente colpiti dalla crisi”. Come ha affermato Antonio Ricci “l’immigrazione regolare è una opportunità soprattutto per l’Italia. Le imprese marocchine presenti nel nostro Paese sono 61.000 e la percentuale dei minori, delle cosiddette seconde generazioni, è del 32 per cento. Inoltre il 12 per cento degli stranieri iscritti a scuola è marocchino”. Sono presenti soprattutto in Lombardia che è la regione che ne accoglie di più (126.706), seguono la Emilia Romagna e Piemonte. Come per la Tunisia, è aumentato il tasso di disoccupazione: si attesta intorno al il 27 per cento, superando di quasi 10 punti il valore medio tra i non comunitari (18 per cento).

Secondo Carmelita Ammendola, dirigente relazioni internazionali Ministero dell’Interno che ha curato il progetto: “Tutti traggono vantaggio dal percorso migratorio, sia il Paese d’origine che quello di destinazione. Ma bisogna che ci siano delle regole condivise e che siano rispettate. Con il progetto Iprit abbiamo voluto diffondere queste buone pratiche”. (Gabriella Lanza)

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