29 settembre 2015 ore: 16:15
Immigrazione

Migranti economici? "Non esistono, tutti arrivano per cambiare vita"

Nel seminario dell'Istituto Arrupe dedicato al tema dei rifugiati, Emanuele Milad Ansari iraniano e Ibrahim Kobena della Costa d'Avorio raccontano la fuga dalla propria terra. In Sicilia hanno trovato la possibilità di studiare e serenità
Migranti. seduti a terra dopo lo sbarco

PALERMO - Un forte ringraziamento all'Italia per quello che ha fatto per loro e un altrettanto forte impegno sociale a sfatare luoghi comuni in tema di immigrazione testimoniando tenacia e forza di andare avanti. In questo modo Emanuele Milad Ansari iraniano e Ibrahim Kobena della Costa d'avorio si sono raccontati questa mattina all'interno del seminario organizzato presso l'istituto Pedro Arrupe, su "Gli immigrati nel contesto dell'unione europea: evoluzione e prospettive".

Emanuele Milad Ansari, ha ottenuto lo status di rifugiato e da due anni e mezzo vive a Palermo, accolto prima dal direttore del centro salesiano Santa Chiara don Enzo Volpe e poi ospitato in una casa religiosa. Il giovane, originario della città di Isfahan in Iran è oggi laureato in contabilità. Sin dall'adolescenza, frequentando un gruppo teatrale, ha maturato a poco a poco la conversione al cristianesimo. A causa di tale decisione ha rischiato l'arresto nel suo Paese per apostasia e ha deciso di lasciare l'Iran. "Io faccio teatro e sono attore - racconta -. Sono entrato in un gruppo teatrale senza sapere che ci fossero cristiani che nel mio paese vivono nascosti. La mia famiglia è musulmana e ricordo le lezioni del corano che ho avuto per 17 anni. A teatro un giorno mi hanno dato un testo teatrale tratto dal vangelo che mi ha cambiato la vita perché ho imparato molte cose che mi hanno fatto riflettere, facendomi  cambiare prospettiva". "A causa della mia conversione sono dovuto andare via dall'Iran - continua -. Per un periodo ho vissuto nascosto, preparando un passaporto turistico che mi ha permesso di arrivare prima a Roma e poi a Palermo. In Italia ho capito che cosa significa il diritto umano e libertà di parola e di pensiero che in Iran non c’è. Oggi sono contento perché la prima cosa è avere la pace che in molti paesi ancora non esiste. Nel Paese mio c’è molta povertà di mente non certo economica e fino a quando non ci sarà un cambiamento culturale rimarrò a costruire la mia vita in Sicilia. Spero bene".

Ibrahim Kobena, nato ad Abidjan in Costa D'Avorio, studente all'università, è entrato a far parte dei movimenti studenteschi di opposizione al gruppo di potere. A  24 anni è stato costretto a fuggire dal suo Paese. Arrivato in Sicilia è stato ospitato presso il centro di permanenza temporanea di Caltanissetta. Ha ottenuto la "protezione  internazionale" da parte della  commissione territoriale; dal 2009 si trova a Palermo, dove si è laureato in cooperazione allo sviluppo all’università di Palermo. "Potere parlare di me e della condizione dei migranti è già un'importante forma integrazione - dice -. Oggi è facile buttare fango su chi arriva perchè non si entra nella pelle di chi ha subito e ha sofferto. Nella mia vita ero uno studente normale fino a quando non ho deciso di protestare contro la dittatura. Purtroppo sono dovuto fuggire dal mio Paese rifugiandomi in Italia, in Sicilia. Oggi parlo anche in nome di tutti quelli che non possono parlare e auguro a tutti di avere la forza di testimoniare agli italiani che il cambiamento può partire da noi che raccontiamo cosa abbiamo visto. Chi ha visto un leone ruggire non parla allo stesso modo di chi non l'ha visto. Si può parlare di immigrazione senza avere vissuto certe esperienze ma non è la stessa cosa".

"Ringrazio per l’accoglienza e l’integrazione che ho avuto - continua -. Non credo proprio che esistano migranti economici ma tutti arrivano per cambiare la loro vita. In Africa ci sono le risorse ma siamo purtroppo schiacciati dai cattivi governi. Oggi siamo in Italia per impegnarci per educare gli altri migranti a contribuire alla società. e aiutare nello stesso tempo le famiglie rimaste nei nostri paesi. Il primo modo di avvicinarsi ai migranti è capire perchè si è fuggiti dal proprio Paese. Nel mio Paese non abbiamo la fortuna di studiare, cosa che sto facendo in Italia conoscendo da vicino la democrazia. Mi sono laureato per capire i problemi di sviluppo e la politica e in futuro sto pensando al rientro nella mia città. Preparerò con cura, quando sarà il momento, il ritorno per impegnarmi nel mio paese". (set)

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