30 agosto 2016 ore: 10:33
Immigrazione

Migranti, emergenza continua a Como: oltre 300 accampati in stazione

Sono bloccati da settimane dopo la stretta sui controlli alla frontiera messa in atto dalla Svizzera. Chi prova a passare viene rimandato indietro. "Appena ci vedono, ci identificano come migranti”
Alberta Aureli Migranti Como. 2

Foto di Alberta Aureli

COMO – “Ho provato per tre volte a passare il confine, ma non c’è stato niente da fare. Ogni volta mi hanno rimandato indietro. Volevo andare da mio fratello che è in Germania, invece mi trovo a dormire qui, per terra”. Eman, ha 20 anni e un viso da bambina. E’ etiope e insieme a un altro gruppo di connazionali vive da un mese nel parco antistante la stazione di Como. Qui, insieme a loro, sono bloccati da settimane centinaia di migranti dopo la stretta sui controlli alla frontiera messa in atto dalla Svizzera. Chi prova a passare viene rimandato indietro, come prevede l’accordo di riammissione siglato nel 1998 tra i due paesi: intanto 300 persone vivono accampate, in condizioni igienico sanitarie pessime.

Foto di Alberta Aureli
Migranti Como. 2

Emergenza continua, oltre 300 persone. Sul parco appena sotto il piazzale San Gottardo ci sono circa 50 tende, ma i migranti sono molti di più. Tra 200 e 300 in media, ma in alcune sere si raggiunge il numero record  di 500. Molti dormono per terra senza alcun riparo. Altri si sistemano per la notte sotto i portici della stazione: “qui se piove sei al sicuro” dicono. Le condizioni igieniche sono uno dei problemi: ci sono solo 4 bagni chimici davanti l’ingresso della stazione e due docce. Ma impraticabili. Così ci si arrangia, tra i bagni della stazione e l’area all’aperto del parco, dove non ci sono le tende. Lamin 31 anni, sudanese, sorridendo mi indica la parte più riparata del prato: “quella è la nostra toilette, non possiamo fare altrimenti”. Anche lui ha provato in ogni modo ad entrare in Svizzera, per due volte ha preso il treno alla stazione di Como, ma il suo viaggio si è fermato una volta oltrepassata la frontiera, nella vicina stazione di Chiasso. “L’ultima volta mi sono incamminato a piedi - racconta – ho pensato che così non mi avrebbero notato, e invece niente, la polizia svizzera mi ha fermato ed eccomi di nuovo qui”. Lo stesso ha fatto Akram, 16 anni, eritreo, anche lui ha tentato l’attraversamento della frontiera, niente da fare: “sono qui da un mese, me ne voglio andare. Qualsiasi paese è meglio dell’Italia. Perché non mi lasciano andare?”. “Il problema – aggiunge Esa, 20 anni, etiope– è il colore della nostra pelle. Appena ci vedono, ci identificano come migranti: c’è un nero sul treno? Fine corsa, sei fuori”.

600 riammissioni di minori. I migranti qui sono tutti molto giovani, ragazzi e ragazze che arrivano soprattutto da Eritrea, Etiopia, Sudan. Molti sono minori, non accompagnati. Mentre aspettano di capire se riusciranno a passare, impiegano la giornata giocando a calcio, alcuni ballano, altri cercano di contattare amici e parenti in altri paesi. “I minori non accompagnati sono tanti e anche molto giovani. Ci sono anche molti quindicenni– sottolinea Anna Brambilla, avvocata di Asgi -. Finora ci sono state circa 600 riammissioni dalla Svizzera all’Italia di minorenni, alcuni ragazzi sono stati riammessi più volte. La polizia svizzera riconsegna questi ragazzini all’Italia che a sua volta li affida alla Caritas. Ora sono ospitati nella parrocchia di Rebbio, da don Giusto Della Valle”.  Secondo l’avvocata, che è stata più volte a Como, anche per dare informazioni legali ai migranti, la situazione al parco San Gottardo mette in luce la fragilità di un sistema che non funziona. “Molti dei migranti che provano a passare – spiega – vogliono raggiungere paesi dove hanno parenti, e portano con sé anche tutta la documentazione. Ma nessuno esamina il loro caso individualmente, non gli si concede neanche di fare domanda di protezione internazionale. Vengono sommariamente rimandati indietro secondo quanto previsto dagli accordi di riammissione. Intanto, programmi come quello della relocation non funzionano, mentre molti di loro, per esempio gli eritrei, ne avrebbero diritto”. Brambilla parla anche di violazioni, denunciate dagli stessi migranti: “alcuni ci dicono di essere stati denudati dalla polizia svizzera, che ha applicato nei loro confronti le misure che si seguono per i trafficanti di stupefacenti – racconta -. Ci dicono anche di trattenimenti oltre le 12 ore nei centri di identificazione, alcuni dei quali sono stai ricavati nei bunker sotterranei costruiti durante la seconda guerra mondiale”.

Foto di Alberta Aureli
Migranti Como. 3

Il lavoro dei volontari. Al centro del grande prato dove stazionano i migranti è stato allestito un info point: ci sono volantini che spiegano il diritto d’asilo e a chi rivolgersi in caso di problemi legali. C’è un wi-fi libero e ai piedi della scalinata, che conduce alla stazione, uno spazio dove si possono ricaricare i cellulari. Lo hanno fatto un gruppo di volontari indipendenti, ragazzi e ragazze che vengono qui, quasi ogni giorno, a dare una mano. “Non siamo un’organizzazione, ognuno viene e si mette a disposizione come può – spiega Federica Martina, 27 anni, studentessa -. Quello che serve qui è rafforzare le conoscenze dei migranti. Hanno tutti attraversato l’Italia, arrivando fino a Como, ma senza sapere niente né sui loro diritti né sui rischi che corrono. L’Asgi è venuta qui a fare informativa legale e in questi giorni anche altre associazioni si stanno adoperando”. Il problema è anche quello che accadrà nel prossimo futuro, sottolinea la ragazza. Il campo provvisorio davanti la stazione dovrebbe essere sgomberato entro il 13 settembre. I migranti saranno quindi trasferiti  in un’area allestita dalla Croce rossa in piazzale San Rocco. “In tanti non vogliono andarci – spiega la volontaria - temono di rimanere bloccati. In Italia non vogliono stare, faranno di tutto per allontanarsi”.

A 7,5 chilometri, c’è la stazione di Chiasso: venti minuti a piedi e sei già in Svizzera. Il silenzio all’ingresso è quasi irreale. Pochissimi i viaggiatori sulla banchina in questa mattinata di fine agosto. Molti invece i poliziotti. Ce ne sono almeno due su ogni binario che passeggiano avanti e indietro. Un’altra squadra fa il giro interno nell’androne della stazione. Appena fuori, proprio accanto al parcheggio, c’è un centro di identificazione per migranti. Ma l’addetto alla sicurezza non mi lascia avvicinare. Dietro le sbarre ci sono alcuni ragazzi giovanissimi: anche loro hanno provato a passare come Eman, Akram, Lamin e gli altri. Ora aspettando solo di essere rimandati indietro. (Eleonora Camilli) 

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