Migranti, flussi e il nodo accoglienza: la sfida di Minniti e Alfano
Angelino Alfano e Marco Minniti
Angelino Alfano e Marco Minniti |
ROMA - “Il mio passaggio dal ministero degli Interni a quello degli Esteri nasce dal ragionamento che fosse arrivato il momento per il principale partito italiano, il Partito Democratico, di assumersi la responsabilità del tema dell'accoglienza, dell'immigrazione". Lo ha detto chiaramente il neoministro degli Esteri Angelino Alfano, dopo il giuramento al Quirinale del nuovo governo guidato da Paolo Gentiloni: al centro del cambio poltrona tra lui e Marco Minniti c’è il nodo spinoso del tema migratorio nell’anno in cui il numero di arrivi ha sfiorato la cifra dei 180 mila (177. 533 al 13 dicembre 2015, fonte ministero dell’Interno), il 18 per cento in più rispetto all’anno precedente, e che le persone in accoglienza sono diventate oltre 175 mila, contro i 103.792 del 2015. La maggior parte continua a trovare posto nei cosiddetti Cas (centri per l’accoglienza straordinaria). Ma per allargare la rete dei progetti Sprar, il ministero dell’Interno ha avviato in questi mesi un braccio di ferro coi comuni, semplificando le procedure di adesione e prevedendo bonus economici e “clausole di salvaguardia” agli enti territoriali interessati. Ora la partita passa al nuovo ministro in quota Pd, fino a ieri sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai servizi segreti e prima ancora (2006-2008) viceministro dell’Interno. Ma cosa cambierà davvero nella gestione dell’immigrazione nel nuovo governo Gentiloni? E cosa ne pensano le organizzazioni impegnate nella tutela dei diritti dei migranti? Redattore sociale lo ha chiesto ad alcune delle principali organizzazioni che fanno parte del Tavolo asilo.
Per Oliviero Forti, responsabile immigrazione di Caritas italiana, l’auspicio è che si vada avanti come fatto fino ad oggi perché “le oltre 175 mila persone arrivate in Italia hanno trovato tutte sistemazione” spiega. “Quello che vorremmo è che si affrontasse con urgenza il futuro di queste persone, l’incognita rimane sempre l’integrazione, sempre più difficile soprattutto in alcuni territori in cui dinieghi sono all’80 per cento”. Il nuovo ministero dovrebbe avere, dunque, uno sguardo più rivolto al domani anziché all’oggi. Fermo restando che “rimane centrale il tema degli enti locali – aggiunge -. Il lavoro che fino a oggi è stato portato avanti per allargare lo Sprar nei comuni deve andare avanti: è necessario che in tempi brevi la platea degli enti locali si allarghi”. In questo obiettivo potrebbe essere centrale, secondo il responsabile di Caritas, il fatto che il ministro Minniti arrivi dal Pd: “potrà far capire a tanti sindaci che non si può sempre invocare solo l’Europa per i ritardi sulla relocation. Se non siamo in grado di operare un’equa distribuzione in Italia, poi non possiamo fare la voce grossa in altri paesi”.
Più duro il commento di Filippo Miraglia, vicepresidente di Arci nazionale, secondo il quale “sarà difficile per Minniti fare peggio di Alfano”. “Finora che fosse lui a capo di quel ministero non ce ne siamo accorti – sottolinea - a dirigerlo nella realtà sono stati i prefetti, che hanno operato, in alcuni casi, in maniera anche migliore di come avrebbe fatto lui”. In particolare, per Miraglia il problema resta la confusione nella gestione del sistema di accoglienza, ancora troppo emergenziale e affidata spesso a soggetti non titolati. Inoltre c’è la difficoltà di inserire le persone nei territori. “Ci aspettiamo che almeno nella retorica del discorso pubblico ci sia un miglioramento con Minniti – aggiunge -. Siamo però anche preoccupati per il nuovo ruolo di Alfano, perché in linea con l’ipotesi del migration compact di matrice renziana, crediamo che continuerà a portare avanti un sistema di relazioni partito dal processo di Karthoum, che si basa su accordi con governi dittatoriali e sull’idea dell’ esternalizzazioni delle frontiere. Ci preoccupa molto il ruolo da protagonista dell’Italia in questo processo che strumentalizza la cooperazione allo sviluppo come controparte per il controllo dei flussi migratori”.
Anche Fiorella Rathaus, direttrice del Consiglio italiano per i rifugiati (Cir) si dice preoccupata per il progetto di esternalizzazione delle frontiere che potrebbe continuare: “il ministro Alfano non è un baluardo dei diritti – sottolinea - nessuno ha dimenticato la vicenda Shalabayeva. In generale, siamo spaventati globalmente dagli atteggiamenti dell’Europa nei confronti di migranti e rifugiati, di questi ultimi tempi”. Sul fronte interno, con i nuovo ministero, il Cir si aspetta una maggiore apertura in tema di accoglienza: “la promessa, mai avverata, di un miglioramento delle condizioni degli accolti, speriamo possa finlamente concretizzarsi. Ci sarà un maggiore collegamento coi territori – aggiunge Rathaus – . Ci aspettiamo anche che il tema asilo non venga più visto soltanto in termini di sicurezza, ma che venga affrontato sotto tutti i punti di vista, sia sociali che di tutela”. (ec)