Migranti, già 1400 morti nel 2016. “Ora corridoi umanitari in tutti i paesi”
- ROMA – Sono già circa 1400 i morti nel Mediterraneo nel 2016. Una strage senza fine il cui numero potrebbe salire ancora nelle prossime ore: il bilancio delle persone morte negli ultimi due naufragi nel canale di Sicilia non è infatti ancora definitivo. Secondo le testimonianze dei sopravvissuti al ribaltamento del barcone a largo della Libia oltre ai sette corpi recuperati, potrebbero esserci altre decine di vittime. Altri 20 sono i morti del secondo naufragio di ieri a largo della Libia.
In totale sono, invece, oltre quattromila i migranti salvati dalla Guardia Costiera, che ha coordinato oltre 22 interventi nelle ultime ore, e dalle navi private delle organizzazioni umanitarie. Tra i sopravvissuti anche la piccola Favour, una bimba di 9 mesi, arrivata da sola a Lampedusa (la mamma è deceduta nel naufragio). Mentre sulla nave di Medici senza frontiere, Aquarius, è nato il piccolo Fayan Alex , figlio di una coppia salvata a largo delle coste libiche.
“Morte e vita si sono affrontati in un prodigioso duello. La morte di decine di persone nel Mediterraneo e il salvataggio di una bimba orfana del Camerun sulla nave della Marina militare ci ricordano e attualizzano il passaggio della sequenza pasquale. E’ una lotta che certamente, per la speranza cristiana, avrà come esito la vita, ma che chiede impegno e responsabilità” sottolinea, monsignor Gian Carlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes.
Secondo Perego, tra le cause di ciò che sta succedendo c’è “la crescita esponenziale della vendita di armi da parte dei paesi europei” e “un piano Marshall per l’Africa che stenta a partire”. Inoltre, i corridoi umanitari sono ancora “lasciati alla buona volontà di qualcuno” quando andrebbero “organizzati da tutti i paesi europei e da altri paesi del mondo, in forza di un diritto internazionale che già li prevede”. Tra le carenze del sistema, ildirettore della Fondazione Migrantes rileva inoltre “un’operazione nel Mediterraneo che non controlla fin dalla partenza i viaggi delle imbarcazioni nel Mediterraneo, un sistema di accoglienza non diffuso nei Paesi europei, un permesso di soggiorno per protezione umanitaria negato a tutti coloro che sono arrivati in Europa nel 2014 e nel 2015 e che attendono da oltre un anno e mezzo un permesso nei centri o che sono stati più volte rimandati da un paese all’altro, in attesa che si possa realmente e concretamente – grazie al piano Marshall per l’Africa – offrire condizioni per un rimpatrio assistito, sono gli atti di responsabilità che mancano all’Europa e che faranno ulteriormente crescere le morti nel Mediterraneo nei prossimi mesi, anche di numerosi bambini, e alimenteranno sfruttamento, violenze, oltre che la ricchezza dei trafficanti di esseri umani”.
Nelle comunità cristiane aggiunge “siamo chiamati ad alimentare, dopo l’appello di papa Francesco e il vademecum dei Vescovi italiani, una corretta informazione sulle storie di chi sbarca sulle nostre coste, per evitare letture distorte e false che alimentano paure e discriminazioni; esperienze di accoglienza diffusa, in parrocchia e famiglia, che si aggiungono ai circa 2 mila luoghi di accoglienza che ospitano nelle strutture ecclesiali oltre 23 mila persone; 1000 microprogetti che possano dare un segno chiaro e concreto di cooperazione allo sviluppo nei Paesi di origine delle persone migranti che sbarcano sulle nostre coste. A tutto questo si aggiunga una nuova storia di ‘obiezione di coscienza alle armi’, a fronte di chi alimenta paura e sicurezza solo attraverso muri e armi diffuse. Dalla responsabilità di ciascuno per la pace e per la giustizia, per l’accoglienza e la cooperazione rinasce la democrazia in Europa e si prepara il futuro. Per l’Italia, Lampedusa, Pozzallo, Augusta e tutti i porti devono diventare una ‘porta aperta’ e non un luogo chiuso (hot spot) per salvare, accogliere e tutelare le vittime di conflitti, di disastri ambientali, di tratta e violenza” conclude Perego.