Migranti, gli 800 corpi non recuperati. Associazioni indignate: gesto barbaro
ROMA -“Un atto disumano”, “un gesto barbarico” che offende la memoria e la dignità delle persone. E’ unanime lo sdegno delle associazioni che si occupano di migranti per le parole pronunciate dal procuratore di Catania Giovanni Salvi. Parlando ai giornalisti, il capo della procura della cittadina siciliana ha affermato che gli oltre 800 corpi del naufragio del 19 aprile scorso, non verranno recuperati perché l’operazione è ormai inutile per le indagini, che si stanno avviando verso la fase conclusiva. E così le vittime di quella che è stata definita la più grande strage del Mediterraneo, dal dopoguerra a oggi, rimarranno in fondo al mare.
- “Se quelli fossero stati i corpi di cittadini europei probabilmente la decisione e le reazioni sarebbero state di altra natura – sottolinea Oliviero Forti, responsabile immigrazione di Caritas italiana -. Questo ci deve far riflettere profondamente. Un bel gesto ed atto di coraggio sarebbe quello di cambiare idea per ridare dignità a queste persone, morte in una maniera terribile e tra le quali, come sappiamo, c’erano anche tanti bambini”. “Siamo consapevoli delle difficoltà che comporta un’operazione come questa – aggiunge -ma ciò non può evitare un atto di grande umanità. Speriamo che le parole e la decisione del procuratore siano riviste, anche il premier Renzi si era impegnato a dare degna sepoltura a questi corpi. Ci attendiamo un gesto che vada in direzione contraria”.
Sulla stessa scia anche Tareke Brhane, presidente del Comitato 3 ottobre: “è un fatto molto triste, questi corpi non devono essere recuperati per le indagini ma perché ci sono familiari che attendono di sapere che fine hanno fatto i loro cari – sottolinea -. Noi continuiamo a ricevere chiamate ogni giorno di persone disperate, che non riescono a darsi pace e che hanno il diritto di sapere. Facciamo dunque appello alle autorità italiane e alla procura perché si proceda con il recupero e l’identificazione delle salme. Dobbiamo dare pace alle loro famiglie".
Di atto disumano, parla il Centro Astalli: “Negare una degna sepoltura è contro ogni principio di umanità. Passeremo alla storia come una civiltà barbara che per motivi economici non seppellisce i morti – sottolinea il presidente, padre Camillo Ripamonti -“ci sono più di 800 famiglie che non sanno se i loro cari sono vivi o morti, è un dovere recuperare quei corpi e per quanto possibile dare loro un nome. Lo dobbiamo fare, è una questione di civiltà. Chiediamo a coloro che in questo momento devono decidere della sorte di quei morti di provare a mettersi nei panni dei congiunti che aspettano di sapere. Proviamo a pensare se in fondo al mare ci fossero i nostri figli o i nostro fratelli”.
Per Laurens Jolles, delegato dell'Unhcr per il Sud Europa "le operazione di recupero delle vittime dei naufragi del Mediterraneo e la definizione di una procedura certa di riconoscimento anche attraverso l’esame del Dna rappresentano un esempio di civiltà e rispetto della dignità umana, come mostrato dalla autorità italiane in occasione del naufragio del 3 ottobre 2013 a largo di Lampedusa". (ec)