Migranti, il codice di condotta per le ong è “immorale e pericoloso”
ROMA – Undici regole per le ong che si occupano del salvataggio in mare di migranti e richiedenti asilo. E’ il codice di condotta che l’Italia sta mettendo a punto per regolamentare il lavoro delle organizzazioni umanitarie che operano nel Mediteranneo. E che prevede, tra le altre cose, l’obbligo di far salire la polizia giudiziaria a bordo. Il provvedimento non ancora reso pubblico, è già però oggetto di critiche. In particolare, Amnesty International parla di un codice “immorale” che “potrebbe mettere in pericolo altre vite“. La bozza del documento, proposto per la prima volta in occasione di una riunione informale del Consiglio europeo di giustizia e affari interni il 6 luglio 2017, è stata esaminata dagli esperti dell’organizzazione e da quelli della Ong Human Rights Watch.
Secondo Amnesty il codice, che è la conseguenza di “una campagna diffamatoria contro le ong” ridurrebbe il lavoro delle organizzazione che svolgono operazioni di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo centrale:impedendo loro di entrare nelle acque territoriali libiche per le operazioni di salvataggio; impedendo loro l’utilizzo di segnali luminosi per indicare la propria posizione alle imbarcazioni a rischio imminente di naufragio; forzandole a tornare in porto per sbarcare rifugiati e migranti, piuttosto che consentire loro di trasferire persone salvate in altre imbarcazioni in mare, se necessario. Ciò costringerebbe le squadre di ricerca e salvataggio delle Ong a spostarsi per lunghi periodi dall’area in cui sono necessarie, lasciando più persone a rischio di annegamento nel Mediterraneo centrale.“I tentativi di limitare le operazioni di ricerca e salvataggio delle ong rischiano di mettere a repentaglio migliaia di vite umane impedendo alle imbarcazioni di salvataggio di accedere alle acque pericolose vicino alla Libia” ha dichiarato in una nota ufficiale Iverna McGowan, direttrice dell’ufficio di Amnesty International presso le istituzioni europee.
Amnesty International e Human Rights Watch credono che il codice di condotta possa in alcuni casi ostacolare le operazioni di salvataggio e ritardare gli sbarchi in un luogo sicuro entro un lasso di tempo ragionevole, violando gli obblighi che entrambi gli stati e i comandanti delle navi devono rispettare in base al diritto internazionale del mare. “Qualsiasi codice di condotta, se necessario, dovrebbe: avere l’obiettivo di rendere le operazioni di salvataggio in mare più efficaci per salvare vite umane; essere concordato previa consultazione con i gruppi coinvolti nella ricerca e nel salvataggio; essere applicato a tutte le imbarcazioni che effettuano salvataggi nel Mediterraneo e non dovrebbe essere legato allo sbarco – sottolineano -. La bozza del documento include la minaccia di rifiuto alle navi delle Ong di sbarcare in Italia se non sottoscrivono il codice o non ne rispettano alcune disposizioni”.
“Le Ong sono là fuori nel Mediterraneo per salvare le persone perché l’Unione europea non lo fa”, ha dichiarato Judith Sunderland, direttrice associata di Human Rights Watch per l’Europa e l’Asia centrale. “Data l’entità delle tragedie in mare e degli orribili abusi che migranti e richiedenti asilo subiscono in Libia, l’Unione europea dovrebbe lavorare con l’Italia per rafforzare la ricerca e il salvataggio nelle acque libere di fronte alla Libia, piuttosto che limitarla”. Durante una conferenza stampa a Bruxelles martedì 4 luglio, sia l’Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite (Unhcr) che l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Iom) hanno criticato il proposto codice di condotta per le Ong.