7 marzo 2023 ore: 16:29
Immigrazione

Migranti, il decreto flussi rappresenta (davvero) un canale di ingresso regolare?

di Eleonora Camilli
Previsto fin dal testo unico del 1998 negli anni ha registrato sempre numeri di ingresso limitati. Per gli esperti è uno strumento andrebbe rinnovato. Coresi (ActionAid): “Pensare a misure più flessibili”. Schiavone (Asgi): “Una finzione”. La campagna Ero Straniero chiede modifiche al Governo
Immigrazione, migranti, rifugiati

ROMA - Un primo decreto flussi per una quota massima di ingressi di 83mila persone (44.000 delle quali riservate agli ingressi per motivi di lavoro stagionale) le cui domande partiranno il prossimo 22 marzo. E un piano programmatico per soddisfare il bisogno di manodopera straniera richiesto dalle aziende, che potrà arrivare anche a 500 mila ingressi, secondo le affermazioni del ministro di Agricoltura, Sovranità alimentare e foreste, Francesco Lollobrigida. In queste settimane diversi esponenti del governo Meloni hanno ribadito di voler regolamentare gli ingressi nel nostro paese attraverso uno degli strumenti più noti, il decreto flussi. Una misura prevista per la prima volta dal Testo Unico del 1998 e che stabilisce le quote in ingresso per lavoro dei cittadini stranieri e per settori di occupazione. L’ultimo decreto, per esempio, prevede ingressi solo per autotrasporto, edilizia e turistico-alberghiero, nonché, novità di quest'anno, meccanica, telecomunicazioni, alimentare e cantieristica navale. Un canale, dunque, riservato solo all’immigrazione economica e lavorativa. E i cui limiti negli anni sono stati rilevati da diversi esperti di diritti e lavoro.

“Dalla sua introduzione ad oggi, cioè negli ultimi vent’anni con il decreto flussi sono entrati 800mila lavoratori stranieri, escludendo gli stagionali. A questi si devono aggiungere due milioni di lavoratori che hanno invece usufruito delle sanatorie e che questa non è che un’ammissione implicita della capacità di regolamentare gli ingressi dello strumento e di come negli anni non abbia mai funzionato - sottolinea Fabrizio Coresi di ActionAid, una delle organizzazioni promotrici di Ero Straniero-.  Fino al 2010 gli ingressi per lavoro rappresentavano la quota maggioritaria, oggi sono meno di un decimo del totale. Salutiamo con favore l’idea di rimettere mano all’idea di lavorare a canali regolari ma proponiamo strumenti più flessibili, innanzitutto a partire da uno strumento di regolarizzazione a regime in base al radicamento sul territorio e al possesso di un lavoro”. In una nota la campagna Ero straniero, che racchiude le principali organizzazioni che si occupano di migrazione e asilo, invita fare chiarezza, soprattutto in seguito alla tragedia di Cutro. In particolare, le organizzazioni chiedono di non sovrapporre il tema dei soccorsi in mare e della protezione con la migrazione per motivi economici. E quindi di non confondere le politiche legate al decreto flussi con il dovere di salvare e accogliere chi è in fuga. “Si sono succeduti nei giorni scorsi, con toni diversi tra loro, i richiami alla necessità di gestire i flussi migratori e garantire la possibilità di raggiungere l'Italia in maniera sicura - spiega la nota  -Primo punto fermo, è l'obbligo - nazionale, europeo, internazionale - di assicurare alle persone in fuga canali sicuri e dedicati che consentano loro di essere accolte e trovare protezione”. Rispetto, invece, ai flussi per lavoro, dal 2017, la campagna chiede un cambiamento profondo dell’attuale sistema di ingresso, considerato “difficilmente accessibile da lavoratori e lavoratrici, non in grado di soddisfare le richieste del mondo produttivo”. 


Ad oggi, infatti, con le normative vigenti può entrare in Italia solo chi è già in possesso di un contratto ed esclusivamente nell’ambito delle quote e dei settori lavorativi definiti dal decreto flussi, non sulla base dei concreti bisogni delle aziende. “In pratica, il datore di lavoro deve far arrivare dall’estero già con un impegno all’assunzione il lavoratore, anche se - presumibilmente - non l’ha mai visto - spiegano gli esperti di Ero Straniero- Per di più, non c'è modo di assumere e mettere in regola una persona già presente in Italia ma senza documenti, con cui magari si ha già un rapporto di lavoro informale, come spesso accade nel lavoro di cura e domestico”. 

Stando ai numeri, dal 2002 in poi, la vera modalità di assunzione e stabilizzazione in Italia è stata affidata alle sanatorie periodiche. “Non sono sufficienti i ritocchi minimi fatti recentemente sul decreto flussi che, pur confermando l’aumento di quote già previsto lo scorso anno, non scardinano il meccanismo troppo rigido ma, anzi, accrescono le complicazioni per i datori di lavoro visto il requisito della “previa indisponibilità di un lavoratore presente sul territorio nazionale”. Le organizzazioni della campagna chiedono, in particolare, due interventi di riforma: l'introduzione di canali di ingresso più flessibili (come l'introduzione della figura dello sponsor o di un permesso per ricerca lavoro) realmente accessibili da lavoratori e lavoratrici dei paesi terzi e che, allo stesso tempo, rispondano alle esigenze del nostro mondo produttivo. E  la possibilità di mettere in regola le persone già presenti in Italia se hanno la disponibilità di un lavoro, con un meccanismo di regolarizzazione su base individuale, senza il bisogno di ulteriori sanatorie.

Anche secondo Gianfranco Schiavone, esperto di diritto e membro di Asgi (Associazione studi giuridici per le migrazioni) il decreto flussi ha dei limiti noti. “E’ sostanzialmente una finzione ripetuta - spiega -. Ogni anno i famosi ingressi dall’estero per lavoro, ad eccezioen di quelli stagionali, non sono veri ingressi ma regolarizzazioni di rapporti in nero che già esistono. Nessuno assume qualcuno al buio come richiederebbe il decreto flussi. Il governo dovrebbe spiegare cosa di nuovo sta facendo davvero per favorire gli ingressi regolari. Non si comprende la novità, è solo un trucco del passato che non può funzionare senza una riforma vera”. 

Per Schiavone bisognerebbe innanzitutto favorire l’inclusione sociale e lavorativa delle persone che sono già in Italia. “Sono necessari programmi adeguati per chi è già sul territorio nazionale, migranti e rifugiati. La strada è quella della buona politica: bisogna  potenziare le misure di integrazione e formazione professionale. Inoltre bisognerebbe prevedere dei permessi in ingresso per ricerca lavoro, cosa che il decreto non menziona diventando così un meccanismo ex post di regolarizzazione. Detto questo - aggiunge - ci saranno sempre persone che continueranno ad arrivare al di là del decreto flussi per chiedere protezione. Non possiamo pensare che questo sia davvero un canale regolare in ingresso, se non per gli stagionali”. Secondo il giurista la misura si può comunque migliorare, ampliando le tipologie di settori lavorativi e le nazionalità dei lavoratori. “In ogni caso - conclude - oggi serve una riforma dei canali regolari di ingresso seria, non è pensabile delegare la questione a uno strumento vecchio, che conosciamo e che non è mai servito allo scopo”.


© Riproduzione riservata Ricevi la Newsletter gratuita Home Page Scegli il tuo abbonamento Leggi le ultime news