Migranti, "l'hotspot di Lampedusa torni ad essere utilizzato in maniera corretta"
- PALERMO - "Il centro di Lampedusa deve ritornare a d essere un hotspot a tutti gli effetti come quello di Milo e di Pozzallo, dove le permanenze degli immigrati non devono superare le 48 ore previste". Lo ribadisce con forza il garante nazionale delle persone detenute o private della libertà Mauro Palma, in seguito alla sua visita all’hotspot di Lampedusa.
In particolare, il garante ha fatto il punto sulla situazione di privazione della libertà dei migranti irregolari a Lampedusa e sulla situazione dei rimpatri assistiti. "Rispetto alla visita di un anno fa in cui avevo fatto delle raccomandazioni riguardo a delle situazioni non soddisfacenti - sottolinea Mauro Palma - non è cambiato nulla. Lampedusa deve tornare intanto ad essere realmente un hotspot e non un improprio centro di detenzione di migranti costretti a stare in quel luogo per lungo tempo. Occorre che i migranti stiano poco tempo, dando loro la possibilità - una volta identificati - di potere uscire e rientrare nel centro perché, non essendo detenuti, non ci può essere alcuna autorità giudiziaria di controllo. Il ragazzo che si è suicidato lo scorso 5 gennaio era stato impropriamente dentro il centro per ben 30 giorni. Sappiamo pure che dall'hotspot escono perché ci sono buchi nella rete, quindi c'è una sorta di anomalia nella gestione che andrebbe affrontata. Inoltre, in questo centro ubicato in un isola, quando gli immigrati ricevono l'ordine di allontanarsi dal nostro territorio entro 7 giorni, non sanno dove andare ed è chiaro che il senso di disperazione e di scoraggiamento di queste persone è molto forte".
"Devono anche essere molto più chiare le regole di permanenza - aggiunge - e la comprensione sulle possibilità che gli devono essere offerte. Bisogna evitare una routine, incentivando una maggiore comunicazione proprio sul piano dei diritti che ha la persona. Ascoltando questi giovani, ho percepito tutta la rabbia di chi si sente respinto e ha perso la speranza. Auspico, pertanto, che alcuni casi - anche di tunisini - vengono presi in considerazione, prestando attenzione alle singole situazioni, soprattutto nel caso di eventuali vulnerabilità".
Il Garante punta il dito anche su alcune carenze strutturali attualmente presenti all'interno del centro: bagni senza porte con tendine provvisorie, materassi in cattivo stato e mancanza di spazi esterni. "Queste condizioni di vita naturalmente in coloro che ci stanno pochi giorni hanno un effetto diverso rispetto a chi in maniera logorante dal punto di vista psicologico invece viene costretto a starci molto più tempo. Attualmente ci sono 194 persone, prevalentemente tutte di nazionalità tunisina, uomini, donne e bambini. Non c'è più uno spazio mensa perché in questo sono stati messi dei letti. Quindi in maniera drammatica mancano anche degli spazi aggregativi. Le persone mangiano all'esterno, seduti sui muretti".
"Aggiungo pure che ho percepito da parte di tutte le realtà operative presenti nel centro da quelle di polizia alle ong (Oim, Unhcr e Save the children) - continua il garante - molta professionalità. Dopo aver fatto una riunione con loro mi ha colpito il fatto che era la prima volta che veniva fatta una riunione di questo tipo. Inoltre in serata ho incontrato anche le realtà che assistono gli immigrati all'esterno dell'hotspot (Mediterranean Hope e Forum Lampedusa Solidale). Dall''incontro è emerso il problema, che pur in un luogo così ristretto, le realtà di assistenza esterne agli immigrati ed interne nel centro non comunicano tra loro. Su questo penso che l'ente locale dovrebbe avere un maggiore ruolo di collante tra le due parti che lavorano entrambe a sostegno degli immigrati". "Nel complesso, penso che dobbiamo passare da un approccio organizzativo che purtroppo è ancora di tipo emergenziale ad un altro che deve essere più strutturato e sistemico - conclude -. Il mio compito resta comunque quello di tenere un baricentro tra tre aspetti diversi che sono la sicurezza dei diritti dei migranti, la sicurezza dei diritti della comunità esterna e la sicurezza dei diritti di chi vi opera".
Il garante ha voluto fare pure l'altro ieri presso l'aeroporto di Palermo una verifica su come avvengono i voli di rimpatri, in questo caso verso la Tunisia. "Ieri 34 tunisini sono stati rimpatriati con 68 uomini di scorta. Continueremo a monitorare che non ci siano casi di vulnerabilità di persone dentro i voli di rimpatrio. Inoltre non c'è nessuna necessità di utilizzare per tutti in maniera rutinaria le fascette considerato che sono scortate ognuno da due persone. Stiamo cercando anche di stabilire delle relazioni in Tunisia e Marocco con gli organismi analoghi al nostro che hanno ratificato il protocollo dell'Onu, in modo da trasmettere le informazioni necessarie che possano monitorare l'arrivo di queste persone nei loro paesi". (set)