Migranti, l’occasione sprecata della “regolarizzazione”: “Bene nuovo decreto”
ROMA - “Prendiamo atto con viva soddisfazione, del recente via libera, del Consiglio dei Ministri al decreto legge contenente disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, contenente modifiche dei cosiddetti decreti sicurezza (d.l. 113/2018 e 53/3019). E’ importante favorire i percorsi di regolarità dei cittadini migranti nel nostro Paese, attraverso un ampio riconoscimento della convertibilità in motivi lavorativi del permesso di soggiorno detenuto ad altro titolo, al fine di invertire la tendenza all’approccio securitario da un lato, o assistenzialistico dall’altro. Auspichiamo dunque che i decisori politici proseguano in questo percorso di legalità e integrazione, sostenendolo oltre che con l’importante processo di revisione delle norme, anche con politiche attive di supporto”. Lo sottolineano Caritas Italiana e Fondazione Migrantes nel XXIX rapporto Immigrazione 2020, presentato oggi a Roma.
Nel rapporto c’è un primo bilancio sulle nuove tipologie di permesso di soggiorno introdotte dai decreti sicurezza voluti dal’ex ministro Salvini e convertiti nella legge n. 132/2018. Si è trattato in totale di poco più di 28 mila permessi di soggiorno, che risultano per la quasi totalità di derivazione da tipologie già esistenti prima della riforma o che per effetto di questa hanno subito solamente un cambio di denominazione o di disciplina (ad esempio i permessi per motivi umanitari ridenominati in “casi speciali”). “Si sono rivelati assolutamente non coincidenti con le aspettative, i bisogni e le condizioni personali dei migranti nel nostro paese, precarizzandone peraltro i già complessi percorsi di inserimento e integrazione” si legge nel rapporto. Lo scivolamento nell’irregolarità è dunque sempre in agguato.
Caritas e Migrantes ricordano che secondo diversi studi e stime la consistenza della componente irregolare nel nostro paese, è di oltre 650.000 persone. E nel rapporto forniscono i dati relativi ai primi esiti della procedura di regolarizzazione varata fra giugno e agosto 2020 dal Governo. “Una regolarizzazione di tutti i lavoratori stranieri avrebbe garantito entrate superiori ai 3 miliardi di euro. Invece il provvedimento varato ha consentito la presentazione di “appena” 207.542 domande presentate; in particolare per lavoro domestico (85% del totale) e il resto per gli altri settori, quasi interamente rappresentati dall’agricoltura”, si legge nel rapporto. La regione nella quale sono state presentate il maggior numero di istanze è la Campania, con 6.962. Segue la Sicilia con 3.584 istanze, il Lazio con 3.419 e la Puglia con 2.871, ma anche il Veneto con un dato significativo di 2.756 domande e l’Emilia Romagna con 2.101. “In entrambi i casi, bisognerà attendere i prossimi mesi per verificare quante di queste istanze andranno a buon fine attraverso la sottoscrizione dei contratti di soggiorno ed il rilascio dei permessi di soggiorno - si legge ancora nel testo -. Permangono le perplessità per una procedura nata principalmente per rispondere alla presenza di lavoratori in nero nel settore dell’agricoltura e che invece sembra rispondere in via principale alle esigenze del mondo del lavoro domestico e del cosiddetto badantato. Un’ulteriore dimostrazione che tale provvedimento avrebbe dovuto allargarsi a ricomprendere molti altri settori nei quali si registra un notevole coinvolgimento dei lavoratori stranieri”.
La maggioranza dei nuovi ingressi, secondo Caritas e Migrantes vede una quota troppo ridotta dei motivi di lavoro (i visti per lavoro sono appena l’1,3% del totale). Gli attuali permessi di soggiorno si riferiscono, dunque, nella gran parte a conversioni di permessi rilasciati ad altro titolo, comprese le motivazioni legate a protezione e assistenza, più che a motivazioni legate alla sfera economica e professionale. “Alla luce di tali tendenze, si raccomanda, pertanto, di adottare definitivamente una strategia di potenziamento dei percorsi di integrazione, che contempli: la promozione di interventi normativi volti a sostenere la presenza e l’inserimento socioeconomico dei cittadini stranieri con politiche mirate a garantire la regolarità del soggiorno delle persone, delle famiglie, dei lavoratori e a migliorare i livelli di istruzione e di professionalizzazione delle persone in età da lavoro; Il rafforzamento, la reintroduzione, la sperimentazione di canali di ingresso legati al lavoro e allo studio” conclude il rapporto.