Migranti, la denuncia: “I grandi centri hanno favorito il contagio da coronavirus”
Ventimiglia centro per migranti
ROMA - Centri di accoglienza smantellati, difficoltà delle prefetture a trovare posti per migranti, strutture sempre più grandi che hanno favorito l’aumento dei contagi per coronavirus. E’ la cronaca di un fallimento annunciato quella che emerge dal rapporto “Il sistema a un bivio”, che analizza l’eredità del Decreto Sicurezza del primo Governo Conte sul sistema di accoglienza delle persone migranti in Italia lasciata nei due anni di vigore della Legge. Solo di recente, infatti, il Governo ha deciso di modificare i decreti Salvini, anche nella parte relativa all’accoglienza.
Cronaca di un fallimento annunciato
Nel frattempo, in questi mesi, le organizzazioni del terzo settore hanno spesso denunciato sia i rischi sull’intero sistema che i pericoli legati al particolare momento di emergenza sanitaria. In un monitoraggio, pubblicato su Redattore Sociale, le principali organizzazioni del Tavolo Asilo e del Tavolo Immigrazione e Salute hanno denunciato come solo il buonsenso abbia evitato l’esplosione di focolai. “ È mancata, in questi mesi, un'attenzione specifica delle istituzioni sulle strutture di accoglienza e la maggior parte degli enti gestori si è sentita isolata e disinformata - sottolinea Salvatore Geraci -. Tutti si sono attivati con buonsenso, e hanno fatto del loro meglio, mettendo in campo soluzioni buone, ma avrebbero gradito una regia da parte delle istituzioni. La risposta non può essere quella delle soluzioni fai da te”. Come spiega in dettaglio il report di Openpolis e ActionAid, infatti, molti enti gestori infatti hanno deciso di non rispondere al bando per il sistema di accoglienza prefettizio. Di conseguenza, soggetti disposti a gestire strutture ridotte a dormitori, enti con dichiarato scopo di lucro o che non hanno competenze specifiche, sono cresciuti di importanza nel sistema a discapito degli attori con capacità e a vocazione sociale.
Un’Italia spaccata in due tra Nord e Sud
Il rapporto esamina anche il diverso approccio territoriale all’accoglienza. In particolare, dall’analisi degli importi messi a bando dalle Prefetture per i vari tipi di centri di accoglienza straordinaria (unità abitative, Cas fino a 50 posti, Cas fino a 300 posti) si rileva come al centro nord e soprattutto nel nord est (59,2% delle risorse stanziate per posti in abitazioni) si sia cercato di mantenere un modello di accoglienza diffusa. Nel mezzogiorno, al contrario, la tendenza è stata quella di favorire i centri collettivi e quelli di grandi dimensioni. Non solo, non sono mancati neanche i problemi amministrativi e gestionali originati dal Decreto sicurezza e dal capitolato di gara. Per questo negli ultimi due anni 34 prefetture hanno dovuto ripetere i bandi per l’accoglienza (circa un terzo delle prefetture italiane, ma potrebbero essere molte di più quelle con problemi nell’assegnazione), 14 di queste per tre volte di seguito. Le regioni in cui il problema si presenta con maggiore frequenza sono l’Emilia-Romagna (27 ripetizioni), la Toscana (25) e la Lombardia (23).
Così nei grandi centri si è diffuso il virus: il caso della Sicilia e del Friuli
Una parte del report si concentra sull’ emergenza sanitaria in corso, e in particolare sul rischio nelle grandi strutture. Nonostante la propaganda sui migranti che portano il virus risulti essere del tutto infondata, l'assetto del sistema di accoglienza, basato sui grandi centri, ha creato l’emergenza e innescato focolai di Covid19. In regioni di confine come il Friuli-Venezia Giulia e la Sicilia, nonostante sistemi diversi si è fatto ampio ricorso ai centri governativi per concentrare migranti in ingresso senza che si riuscisse a ridistribuirli sul territorio nazionale in tempi ragionevoli. Una situazione che ha prodotto tensioni sociali a livello locale, centri stracolmi e prassi lesive dei diritti delle persone ospitate.
In Sicilia nell’era precedente al Decreto Sicurezza il sistema era già segnato dal modello basato sui centri collettivi, in vari casi di grandi dimensioni. Per lo più collocati in zone isolate, dal 2018 senza più i servizi di accoglienza, i centri si sono ridotti a semplici dormitori, rendendo ancora più esposte le persone migranti al rischio di diventare manodopera per il caporalato. Nella regione su 9 prefetture solo 3 hanno messo a bando posti in unità abitative. I centri collettivi hanno avuto la netta prevalenza. A Ragusa, unico caso nella regione, sono stati assegnati solo 42 posti (il 4,7 %) dei 900 messi a bando in Cas di medie dimensioni.
In Friuli-Venezia Giulia dove si era affermato un modello di accoglienza diffusa il terzo settore si è fortemente opposto al nuovo capitolato e ha disertato i bandi delle prefetture, che vedeva nel 2019-2020 per il 59,27% posti offerti per unità abitative. Una scelta che cercava di preservare un sistema sempre più distribuito sul territorio: i comuni coinvolti nell’accoglienza erano 100 (46% del totale) nel 2018. Al contrario, nel 2019 il numero si riduce a 64 (30%). Emblematica la situazione oggi a Trieste. Nella primavera 2019 vengono emessi due bandi senza esito positivo, entrambi i bandi vengono ripetuti a fine anno senza successo, ad oggi dei 1000 posti offerti dalla prefettura di Trieste ne sono stati assegnati solo 10. In Friuli-Venezia Giulia i nuovi ingressi dalla rotta balcanica, i respingimenti informali che hanno determinato nuove traiettorie in ingresso, e il rallentamento delle procedure di ricollocamento dovuto all’emergenza sanitaria hanno reso la situazione fortemente critica.
“Il 5 ottobre il governo ha finalmente varato il decreto Immigrazione, che nonostante presenti ancora troppi punti critici, rappresenta un innegabile passo avanti. Tra gli elementi migliorativi, oltre al ripristino dei livelli di protezione della cosiddetta “umanitaria”, va annoverato lo sforzo di reindirizzare il sistema di accoglienza verso il modello a titolarità pubblica in micro-accoglienza diffusa. Tuttavia, è con il capitolato di gara che verranno definiti nel dettaglio costi e servizi da erogare nei centri Cas e nei centri governativi. Solo cambiando profondamente il capitolato potremo parlare di una reale riforma del sistema di accoglienza” dichiara Fabrizio Coresi, Migration Expert ActionAid.