12 maggio 2015 ore: 16:09
Immigrazione

Migranti morti nel Mediterraneo, dal 1990 ritrovati e identificati solo 3.188 corpi

Un dato inconsistente rispetto alle stime fatti da altri osservatori, che dimostra quanto l'Europa non conosca in realtà quanto sia mortale tentare di raggiungerla. I corpi, per altro, anche se registrati spesso non hanno nome né provenienza
Sbarchi. Ghirlanda fiori in mare

MILANO – Impossibile stabilire le morti nel Mediterraneo. Il mare che divide dalla Fortezza Europa è una fossa comune, in cui le vittime non hanno nome né provenienza. È quanto emerge dalla ricerca condotta dall'Università di Amsterdam VU insieme ad un gruppo di data-journalist. I dati raccolti vanno dal 1990 al 2013 e sono pubblicati sull'archivio online consultabile da oggi Human costs on boarder control.

La ricerca afferma che sono solo 3.188 i migranti annegati e identificati dai registri dei decessi di Italia, Malta, Grecia, Spagna e Gibilterra. Di questi il 65% non ha nemmeno un nome, né una provenienza. La maggior parte dei corpi identificati appartengono a bambini o ad adulti sopra i 40 anni. Il motivo è che di solito chi viaggia a queste età è accompagnato da parenti. Mentre tra i 20 e i 40 anni, fascia d'età maggioritaria tra chi viaggia, sono soli ad affrontare il Mediterraneo. Solo un migrante nord africano ogni cinque tra quelli inseriti nel registro decessi ha un nome e una storia. I migranti invece di origine balcanica in nove casi su dieci, quando registrati, sono stati identificati.

Nel sito sono pubblicati interamente i dati raccolti dai ricercatori e li si mette a confronto con le altre stime esistenti circa le morti nel Mediterraneo. Il dato più evidente è come sia contenuto e costante (sempre abbondantemente sotto i 500) il numero di decessi registrati ufficialmente ogni anno. A prescindere dal numero di sbarchi. Al contrario, gli osservatori di Fortress Europe, curato da Gabriele Del Grande, e UNITED against racism registrano picchi a seconda delle annate. Il massimo dato è l'ultimo disponibile, quello del 2013, quando UNTED registrava poco meno di 2 mila morti e Fortress Europe superava invece le 2.500.

Non c'è solo l'annegamento tra le cause di mortalità. Secondo i registri dei decessi consultati dal team di ricercatori, in 145 casi la causa è stata l'ipotermia e in altri 116 le contusioni per le violenze subite. Per altri 756 migranti, invece, le cause sono del tutto oscure.

Il professor Thomas Spijkerboer dell'università VU di Amsterdam commenta che tra le cause della così poca accuratezza dei dati disponibili c'è la solitudine a cui sono costrette le comunità locali che indagano sui decessi. Non si spende denaro per la ricerca delle vittime. Secondo Spijkerboer questa lacuna potrebbe essere sanata con un maggiore sforzo delle autorità centrali nelle indagine, con l'utilizzo di tecniche come l'analisi del Dna, il supporto di altre unità di crisi già presenti sui territori a cui sono affidate le indagini e la cooperazione con il Comitato internazionale della Croce rossa che già ha un'unità dedicata alla ricerca dei superstiti dei propri parenti. Un database internazionale sui decessi del Mediterraneo secondo i ricercatori sarebbe uno strumento fondamentale anche per valutare la reale consistenza delle rotte verso il Mediterraneo. E per scegliere di conseguenza quali sono le strade da percorrere per evitare che il Mediterraneo continui ad essere un mare di morte. (lb)

© Riproduzione riservata Ricevi la Newsletter gratuita Home Page Scegli il tuo abbonamento Leggi le ultime news