Migranti, Msf: “In Libia il 40% costretto a imbarcarsi contro la sua volontà"
ROMA – Condizioni orribili per decine di migliaia di migranti in Libia. A denunciarlo è ancora una volta Medici senza frontiere, che ha organizzato oggi a Roma una conferenza stampa con Arjan Hehenkamp, direttore generale dell’organizzazione, reduce da un monitoraggio nel paese, durante il quale ha avuto modo di visitare alcuni centri di detenzione in cui vengono trattenuti migranti e richiedenti asilo.
“In questi centri i migranti sono senza alcuna assistenza, né medica né sanitaria – spiega Hehenkamp - molti sono impauriti, hanno il timore anche di parlare con noi. La maggior parte ha subito terribili abusi e violenze di ogni genere, fisiche e sessuali”. Hehenkamp spiega che in Libia, poi, i migranti, molti dei quali eritrei, sono stati imprigionati arbitrariamente. A volte vengono presi dalla strada e portati in un centro. Essi rappresentano, infatti, una merce di scambio: “Il 40 per cento di loro è costretto a imbarcarsi, a lasciare la Libia via mare anche contro la sua volontà. Per farlo le persone devono pagare un riscatto, e per mettere insieme il denaro, chiedono a parenti e amici. Esiste ormai un sistema organizzato e criminale che si occupa di questo”, spiega.
Ma per il responsabile di Msf anche se le condizioni nel paese sono “indegne e disumane” per i migranti non tutti se ne rendono conto, perché molte organizzazioni internazionali hanno spostato la loro sede da Tripoli per problemi di sicurezza . “L’Europa e l’Italia dovrebbero aiutare le persone a scappare da questa situazione – afferma – ma oggi l’obiettivo che viene perseguito è solo quello di fermare i flussi. Un obiettivo anche politico in vista delle prossime elezioni in Italia, in Francia e in altri paesi”. Hehenkamp critica il recente accordo tra Italia e Libia e in generale la politica dell’Unione che ha come obiettivo l’esternalizzazione delle frontiere. Ma si dice scettico anche su una possibile soluzione legale perché ad oggi la Libia non può essere considerato un interlocutore attendibile.
A marzo scorso Medici senza frontiere aveva già diffuso un report in cui spiegava come la Libia sia diventata l’Inferno degli eritrei. “La tortura e la violenza, compresa quella sessuale, sono normali quanto mangiare un pasto – si legge nel dossier. Le persone intervistate da Msf hanno, infatti, raccontato di essere state colpite da armi da fuoco o di aver assistito a sparatorie. Tra gli autori dei diversi tipi di violenza e degli atti crudeli subiti dagli eritrei durante i loro viaggi vi sono le autorità, a volte insieme a gruppi armati. “Alcune di queste stesse autorità ora sono finanziate dall'Unione Europea per impedire che eritrei e altre persone migrino verso l'Europa. Spesso anche gruppi armati non governativi – come contrabbandieri, trafficanti, rapitori, bande armate e singoli – sono segnalati come aggressori – denuncia Msf - Le armi e gli strumenti utilizzati includono armi da fuoco, coltelli, pietre, pali di metallo, cavi, calci di pistola, corde, fili elettrici, tubi, bastoni, mani e piedi del colpevole e minacce verbali, comprese minacce di morte”. (ec)