4 ottobre 2017 ore: 15:01
Immigrazione

Migranti, Msf: “In Serbia il 92% dei minori ha subìto violenze al confine”

Nuovo rapporto dell’organizzazione sugli abusi della polizia di frontiera tra Serbia,Ungheria, Bulgaria e Croazia. Morsi di cane, spray urticanti, percosse. “È vergognoso che alcuni Stati stiano usando la violenza per impedire a bambini e ragazzi di cercare asilo in Ue”
Medici senza frontiere-Msf Msf Rapporto Serbia

Foto: Medici senza frontiere-Msf

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Msf Rapporto Serbia

ROMA – “Ho visto con i miei occhi la polizia in assetto antisommossa picchiare le persone. Molti erano giovani, adolescenti, e i loro volti erano coperti di sangue. Prima hanno lanciato i lacrimogeni e poi sono entrati nella nostra stanza, hanno picchiato tutti con i bastoni e molti di noi sono stati feriti”. Il racconto è di un giovane di 30 anni, proveniente dall’Afghanistan, e bloccato in Serbia sulla rotta balcanica. Ed è contenuto nel nuovo rapporto di Medici senza frontiere, che denuncia le violenze perpetrate dalle autorità e dalla polizia di frontiera degli Stati membri europei ai confini della Serbia con l’Ungheria, la Bulgaria e la Croazia.

Il rapporto combina dati medici e di salute mentale con le testimonianze di giovani pazienti. “Sono stato catturato dalla polizia croata quando ero quasi al confine con la Slovenia e sono stato picchiato a lungo. Mi hanno spogliato nudo, faceva molto freddo. Mi hanno messo nella parte posteriore della macchina e mi hanno riportato fino in Serbia. I vestiti che indosso ora mi sono stati dati in Serbia”, aggiunge un ragazzo di 15 anni dall'Afghanistan. “Sono partito con i miei fratelli ma ci siamo separati durante il viaggio. Il più grande, di 18 anni, è in Germania, l'altra di 16 è in Austria. Non so come raggiungerli e non voglio che passino dei guai. Non so cosa fare”, continua un altro minore afgano di 12. 

Nei primi 6 mesi del 2017, il 92 per cento dei bambini e dei ragazzi che si sono recati nelle cliniche per la salute mentale di Msf e che raccontano di aver subìto violenza fisica, indicano come responsabili le autorità e la polizia di frontiera dell’Ue, precisamente di Bulgaria, Ungheria e Croazia. Circa la metà di questi bambini (48 per cento) ha identificato le autorità bulgare. Inoltre, da gennaio a giugno 2017, le équipe mediche di Msf, che lavorano nelle cliniche mobili a Belgrado hanno documentato 62 incidenti di violenza intenzionale al confine con l’Ungheria e 24 al confine croato. La gran parte dei racconti, ascoltati dalle équipe di Msf negli ultimi due anni, testimonia lo stesso schema di percosse, morsi di cani e uso di spray urticanti, in un quadro apparente di violenza sistematica contro le persone che tentano di raggiungere l’Unione Europea.

“Oggi, per i bambini e i ragazzi che provano a lasciare la Serbia, la violenza è una costante e nella maggior parte dei casi è perpetrata dalla polizia di frontiera degli Stati membri dell’Ue”, dichiara Andrea Contenta, responsabile affari umanitari di Msf in Serbia. “Da più di un anno i nostri medici e infermieri continuano ad ascoltare la stessa identica storia di giovani picchiati, umiliati e attaccati con i cani nel tentativo disperato di proseguire il loro viaggio”.“È vergognoso che alcuni Stati membri dell’UE stiano intenzionalmente usando la violenza per impedire a bambini e ragazzi di cercare asilo in Unione Europa. In questo modo, l’unico effetto è quello di causare seri danni sia fisici sia psicologici, rendendo questi ragazzi ancora più vulnerabili e spingendoli nelle mani dei trafficanti che l’Ue e gli Stati membri dichiarano di voler combattere”, conclude  Contenta. Msf lavora con i rifugiati, i richiedenti asilo e i migranti in Serbia dalla fine del 2014 fornendo cure mediche e di salute mentale, ripari, acqua e servizi igienici ai punti di ingresso e uscita dal Paese. Da gennaio 2016, Msf lavora a Belgrado, la capitale della Serbia, per fornire cure di salute di base e mentale alle persone bloccate in insediamenti informali nella città. Nel 2017, l’organizzazione ha aperto una clinica fissa nel centro città e continua a lanciare appelli affinché sia garantito l’accesso alle cure sanitarie, ai ripari e alla protezione per le persone più vulnerabili tra gli uomini, le donne, e i bambini bloccati in Serbia. (ec)

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