Migranti, ong cattoliche: sì ai centri di identificazione nei paesi di transito
ROMA – “Agire subito perché queste morti non siano vane ed evitare altre stragi nel Mediterraneo”. Dopo il terribile naufragio di sabato notte, costato la vita secondo le prime ricostruzioni a circa 700 persone (ma il numero potrebbe salire a 950) le organizzazioni che si occupano di migranti alzano la voce e chiedono al governo italiano e alle autorità europee di attivarsi perché una simile tragedia non succeda più. In un appello congiunto con altre ong internazionali, Focsiv, la federazione degli organismi di volontariato internazionale, chiede l’istituzione immediata di centri di identificazione nei paesi di transito dei migranti, dove i rifugiati possano fare domanda di asilo prima di compiere il viaggio verso l’Europa.
“Come dimostra quest’ultima tragedia il problema non è il ripristino di Mare nostrum – spiega il direttore di Focsiv Attilio Ascani -. Al fianco del barcone che si è ribaltato sabato notte c’era una nave di soccorso, ciò vuol dire che probabilmente anche con Mare nostrum non si sarebbe evitata questa strage. Il vero problema è evitare che queste persone debbano prendere la via del mare, quello che chiediamo, dunque, è aprire al più presto i centri di identificazione e accoglienza per lo smistamento delle domande d’asilo nei paesi limitrofi ai paesi in guerra e nei paesi di transito”.
L’ipotesi dell’apertura di centri per l’analisi delle domande d’asilo è al vaglio del governo da diversi mesi: a gestire i campi dovrebbero essere l’Oim e l’Unhcr. “Questo è l’unico modo che abbiamo per togliere i migranti dalle mani degli scafisti – aggiunge Ascani – le persone che hanno diritto all’accoglienza devono aver spazi sicuri dove poter formulare la richiesta d’asilo. Chi viene sul nostro territorio si lascia dietro le spalle una condizione di guerra e sfruttamento, i principali paesi da cui provengono i rifugiati sono Eritrea, Siria e Somalia, dobbiamo fare in modo che possano arrivare in Europa in maniera legale”:
L’apertura di centri di identificazione nei paesi africani (in particolare Tunisia, Niger e Sudan) porta con sé, però, anche alcune criticità: per alcuni il rischio maggiore è che non vengano rispettati i diritti umani. “Noi chiediamo che questi centri vengano gestiti dalla Nazioni Unite, e cioè che a vigilare sul rispetto dei diritti ci sia l’Unhcr – ribatte Ascani - Devono essere centri in cui i rifugiati restano il tempo necessario a fare la domanda d’asilo. Parallelamente serve una maggiore collaborazione europea: questa proposta può essere attuata, infatti, solo se c’è la disponibilità di tutti i paesi europei ad accogliere una quota di richiedenti asilo. L'Europa deve fare di più: i centri per le domande d’asilo hanno senso solo se c’è la disponibilità ad aprire le porte dell’Europa. La chiusura di oggi è vergognosa ed inaccettabile”.
L’appello di Focsiv è condiviso anche da diverse ong che operano a livello internazionale, come Oxfam. “La questione dei centri nei paesi di transito è una necessità non più rimandabile. La consideriamo una premessa all’apertura dei canali umanitari, che chiediamo da tempo – sottolinea Alessandro Bechini, responsabile di Oxfam Italia -. Triton è oggi un’operazione insufficiente, abbiamo bisogno di un’operazione europea di soccorso come Mare nostrum, ma soprattutto dobbiamo evitare altre stragi.” Secondo Bechini, inoltre, il nostro paese deve lavorare per chiedere il superamento del regolamento Dublino III che impone ai richiedenti asilo di fare domanda nel primo paese di approdo. “In Europa non c’è nessuna invasione, paesi come la Tunisia e la Libia accolgono un milione di profughi ciascuno – aggiunge – dobbiamo cambiare il modo di pensare, e permettere vie d’accesso legali a queste persone. Altrimenti continueremo a contare i morti”: (ec)