Migranti. Perego: "Hotspot specchietti per le allodole"
ROMA - “La distinzione” tra migranti economici e rifugiati “ormai non è più così chiara e facile, ed è ormai evidente che per riuscire a distinguere maggiormente la condizione personale di coloro che stanno sbarcando anche in Italia, è necessario un lavoro molto attento sulle storie personali; un lavoro che oggi, purtroppo, nelle commissioni territoriali non sta avvenendo, dove, di fatto, si sta procedendo attraverso una linea sottaciuta, ma evidente, che è quella di seguire i cosiddetti “Paesi sicuri’". Quindi l’aspetto più importante oggi sarebbe quello di rafforzare la lettura di queste storie personali e di favorire, comunque, un permesso di protezione umanitaria alle persone che ormai da un anno e mezzo sono in attesa di una risoluzione della loro situazione”. Lo afferma a Radio Vaticana, il direttore della Fondazione Migrantes della Cei, mons. Giancarlo Perego.
Sugli hotspot, mons. Perego dice che è una strada che “ci riporta a strutture che non sono degne della dignità della persona, oltre che strumenti sostanzialmente di trattenimento indebito per persone che non hanno commesso dei reati e soprattutto di trattenimento indebito di tanti minori, di tante persone che invece potrebbero essere accolte meglio e più dignitosamente in strutture di accoglienza. È uno strumento che è un po’ uno specchietto per le allodole nella gestione delle migrazioni che sta facendo acqua da tutte le parti, e che rischia ulteriormente di considerare le persone che stanno sbarcando come persone pericolose, delinquenti clandestini e tutto ciò che non è vero assolutamente nelle storie di chi sta arrivando”.
Sull'impegno della Chiesa, Perego afferma che “è continuo: rafforzare la coscienza delle nostre comunità attorno al dramma dei migranti economici, rifugiati e di costruire sempre di più delle storie, dei semi di accoglienza che oggi riguardano duemila strutture che stanno accogliendo richiedenti asilo e rifugiati, oltre 25mila attualmente. La disponibilità sta crescendo di giorno in giorno anche alla luce dell’appello del Papa del 6 settembre, ma anche alla luce delle carenze di un sistema che non è in grado oggi di dare una degna ospitalità a persone, in termini famigliari con un’attenzione particolare alle donne, ai minori, alle situazioni di fragilità. È anche un segno forte contro una politica che rischia di leggere l’immigrazione solo in termini di sicurezza e di non riconoscere in maniera vera nel contesto europeo un diritto fondamentale sul quale e'' appoggiata la nostra democrazia”.(DIRE)