Migranti: “ritornare, in modo dignitoso e sostenibile”
BOLOGNA – Scelti, imposti, programmati o improvvisati, realizzati o solo pensati. Certamente, non facili. Sono i ritorni dei migranti nel loro Paese di origine. Non facili perché comportano una messa in discussione del proprio progetto di migrazione ed espongono al giudizio della famiglia e della comunità. I rientri, soprattutto di persone giovani, sono visti come una possibilità di sviluppo grazie alle competenze che i migranti hanno acquisito nel Paese di accoglienza e per questo sono al centro di numerosi programmi nazionali ed europei. I numeri però sono ancora molto bassi. Il tema è il focus del numero 86 di “Africa e Mediterraneo”, che approfondisce i risvolti politici, economici e simbolici del ritorno attraverso i contributi di studiosi, specialisti, operatori del settore. La rivista sarà presentata il 14 ottobre a Bologna (Biblioteca Renzo Renzi della Cineteca, alle 17) nell’ambito del Terra di tutti film festival che, dal 2007 porta a Bologna documentari e cinema sociale dal Sud del mondo.
“Dai focus group emerge uno scetticismo generalizzato verso tali progetti di ritorno, che hanno potenzialità non espresse e richiederebbero alcuni miglioramenti per essere più efficaci”. È quanto emerge dall’indagine realizzata da Pierluigi Musarò, Elena Liberati e Paola Parmiggiani sui ritorni volontari assistiti, analizzando la percezione che ne hanno gli operatori dell’accoglienza, i mediatori interculturali, i migranti. Altri focus riguardano il Mali e le difficoltà del reintegro di chi torna, spesso esposto al giudizio della comunità di origine; l’Albania e le recenti politiche del governo del Paese per supportare i ritorni in patria dei propri cittadini; la Francia e i vari tipi di accompagnamento finanziario da parte dei governi che si sono succeduti nel Paese, senza mai avere un reale consenso tra i potenziali beneficiari; l’Eritrea e la scarsità di programmi che sostengono la migrazione di ritorno. Il ritorno poi può essere anche sotto forma di rimesse inviate alle famiglie di origine: nel 2016 più di 445 miliardi di dollari sono stati inviati nei Paesi a basso e medio reddito.
“Africa e Mediterraneo” pone innanzitutto l’attenzione sul termine “volontario” associato al ritorno, chiedendosi quanto può essere davvero volontario il ritorno di chi aveva fatto tanti sacrifici per lasciare il proprio Paese e rischia, se ritorna in tempi brevi, di essere qualificato come un fallito, una persona che non è riuscita a realizzare un qualche successo nella sua storia di migrazione. “Com’è possibile allora far sì che il ritorno nella propria comunità rappresenti un valore per i giovani africani che con estremo rischio e costo umano ed economico ne sono usciti, e non il marchio evidente di chi non ce l’ha fatta e ha deluso le enormi aspettative della famiglia di origine? Se ne parlerà il 14 ottobre insieme ad alcuni degli autori che hanno contributo al dossier. Saranno inoltre presentate due esperienze: “Ermes 2”, progetto di Open Group promosso dal ministero dell’Interno e cofinanziato dall’Unione europea per sostenere i ritorni volontari di migrati originari di Marocco, Tunisia, Albania e Senegal, e il progetto di Lai-momo con il programma Ethical Fashion Initiative dell’International Trade Center delle Nazioni Unite per creare posti di lavoro nell’alta moda in Mali e in Burkina Faso e la formazione di migranti e richiedenti asilo in Italia per sostenere il loro ingresso nel mondo lavorativo anche nei Paesi di origine, in connessione con i progetti di rientro. (lp)