Migranti: serve una nuova narrazione, “al di là degli stereotipi”
BOLOGNA – Fare una narrazione diversa della migrazione. Raccontare storie, dialogare e prendere posizione partendo da dati reali, concreti. È l’obiettivo di “Voci di confine”, progetto che raccoglie 16 realtà tra ong, associazioni, imprese sociali, enti di ricerca, esperti di comunicazione per riduscutere una narrazione della migrazione attraverso campagne di informazione, percorsi educativi nelle scuole e nei centri di aggregazione e scambi di buone pratiche. “Non conoscere è ciò che fa più paura e su cui si creano fantasie – spiega Simone Bucchi, presidente del Centro servizi per il volontariato Marche, uno degli enti che sostiene il progetto – Se conosci una persona, incontri la sua storia la valuti in maniera più obiettiva”. Bucchi è uno degli ospiti della puntata di Italia-Italie, trasmissione di Radio Città del Capo di Bologna dedicata alla multiculturalità, in cui si è parlato del post-Macerata. “Macerata è un campanello di allarme da non sottovalutare, uno cosa seria che coinvolge un’intera comunità e che è stata strumentalizzata per la campagna elettorale – dice Bucchi – Ora bisogna alzare il livello di attenzione, lavorare in rete con Terzo settore e istituzioni e dare ai migranti risposte che siano rivolte all’integrazione e a una vita insieme sul territorio”.
Nella puntata di Italia-Italie, andata in onda il 15 febbraio, c’erano anche le voci raccolte durante la manifestazione del 10 febbraio a Macerata: una manifestazione che ha visto 30 mila persone arrivate da tutta Italia per manifestare contro razzismo, fascismo e sessimo. All’appello del centro sociale Sisma hanno risposto collettivi e movimenti, ma soprattutto tanti cittadini. “Noi siamo ragazzi. Siamo italiani, semplicemente maceratesi che vogliono far capire che c’è un’altra Macerata”, spiega un manifestante.
E l’altra Italia, l’altra Macerata, è quella che ha voluto esprimere solidarietà alle sei vittime della tentata strage razzistaoperata dall’estremista di destra Luca Traini: Wilson, Omar, Jennifer, Mahamadou, Festus, Gideon. “In quella sparatoria potevo esserci io, come qualunque membro della mia famiglia perché sono di Macerata”, racconta Dieynaba Diop mentre indossa il cartellone sul quale si legge “My colour is not a crime – black is beautiful”. Nonostante le minacce ricevute sui social da parte dei militanti di Forza Nuova – “devi morire, torna in Africa” – Dieynaba è scesa in strada a portare la sua testimonianza perché “non si deve aver paura”. Così come ha dimostrato di non averne chi ha manifestato in quella giornata. “Non educare a valori sociali e collettivi porta all’ignoranza e al razzismo”, ne è convinta una giovane studentessa.