5 gennaio 2016 ore: 15:35
Immigrazione

Migranti, “sospendere Schengen è contrario al concetto di Europa”

A parlare è Marco Cesario, giornalista e scrittore: “La scelta di Svezia e Danimarca di ripristinare i controlli è molto rischiosa”. E sull’ipotesi che l’Italia ne segua l’esempio: “L’immigrazione è una forza, chiudere le frontiere è una sconfitta”
Migranti e Schengen

BOLOGNA - Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, nel corso del 2015 (dato aggiornato al 21 dicembre) in 6 Paesi europei – Grecia, Bulgaria, Italia, Spagna, Malta e Cipro – sono arrivati 1.005.504 tra migranti e rifugiati. In più della metà dei casi di tratta di siriani in fuga dalla guerra. È 3.600, invece, il numero di migranti morti o dispersi durante il viaggio verso l’Europa, secondo i dati diffusi in una nota congiunta da Unhcr e Oim: l’ultimo naufragio risale a poche ore fa, al largo della Turchia. Intanto, la Svezia ha reintrodotto (“temporaneamente”) i controlli alla frontiera con la Danimarca, che a sua volta li ha reintrodotti al confine con la Germania. Misure adottate per arginare il flusso dei richiedenti asilo. Ma lo scorso novembre era stata proprio la Germania a sospendere Schengen per un mese verso l’Italia, mentre controllava anche il confine con l’Austria, quest’ultima impegnata a controllare quello con la Slovenia. Intanto, la frontiera fra Grecia e Macedonia è presidiata dall’esercito. Quali saranno le conseguenze di queste scelte? L’abbiamo chiesto a Marco Cesario, giornalista e scrittore italiano che da anni vive a Parigi. Il suo ultimo libro, un ritratto a più voci del Mediterraneo, si chiama Medin. “Il rischio è che altri Paesi possano seguire lo stesso esempio e che si vada progressivamente verso la fine di Schengen. Del resto a oggi già 6 Paesi su 26 firmatari (Danimarca, Norvegia, Svezia, Austria, Germania e Francia, ndr) hanno ripristinato il controllo alle frontiere in deroga, anche se  temporanea, alla libera circolazione delle persone. Il problema è che questa è una misura d’urgenza che può valere per eventi straordinari – i post-attentati, la Conferenza sul clima di Parigi, la Conferenza Ue-Africa sull’immigrazione di Malta – mentre il problema del flusso di profughi è un problema strutturale e certo non lo si può arrestare con la chiusura delle frontiere. L’idea che la circolazione degli esseri umani possa minacciare la nostra stessa esistenza o il concetto di Europa è un’idea errata, contraria ai valori che hanno fondato la civiltà europea, una civiltà fatta di scambi, di viaggi, di migrazioni che significano trasmissione di conoscenze e di saperi. 

L’Italia sta pensando di reintrodurre i controlli con la Slovenia. È una scelta condivisibile?
Credo di no. Ricordiamo che secondo l’accordo gli Stati firmatari possono reintrodurre controlli alle frontiere per una durata di 10 giorni per ragioni di ordine pubblico o di sicurezza nazionale e che se la “minaccia” dovesse perdurare, i controlli possono essere prolungati fino a un massimo di 2 anni. Non è forse chiaro dunque anche teoricamente il carattere di eccezionalità di questo intervento? Perché trasformarlo in misura a lungo termine? Ma soprattutto, dov’è la minaccia? Nei migranti e rifugiati che fuggono da guerra e da morte certa? Non è solo una questione di solidarietà, ma anche di opportunità. Gli italiani che sono fuggiti dalle leggi razziali, gli spagnoli che fuggivano dalla guerra civile, i portoghesi che fuggivano dalla dittatura di Salazar non hanno forse avuto un’opportunità? Anche i siriani dunque, gli afghani, gli eritrei, i libici, i somali, che fuggono da terrore e morte come gli europei negli anni ’30, hanno diritto a fuggire per cercare un’altra opportunità di vita e noi in quanto europei non possiamo chiuder loro le porte in faccia. Tra l’altro l’immigrazione è una forza soprattutto in un Paese come l’Italia dove il numero dei morti ha recentemente superato quello dei vivi. La chiusura delle frontiere è una sconfitta, la morte civile di un Paese.

A settembre la Germania aveva parlato di ‘fallimento dell’Unione’ nella protezione delle frontiere. 
Già il concetto di ‘protezione’ è a mio avviso allarmistico e fuori luogo. Proteggerci da cosa? Gli attentati di Parigi hanno dimostrato che il nemico non è affatto esterno, non viaggia sui barconi della speranza, ma è interno, vive nelle banlieue povere d’Europa, lì dove lo Stato ha abbandonato i propri cittadini, soprattutto di confessione musulmana, che poi finiscono nell’orbita della violenza settaria. A mio avviso occorre cultura, istruzione per non abbandonare le periferie e le nuove generazioni. Poi va detto che è stata la scellerata politica europea e americana a provocare l’uragano che ha trascinato il Medio Oriente nel caos attuale provocando un esodo di rifugiati senza precedenti. Come Stati europei, come Europa, abbiamo avallato tutti la politica che ha fatto cadere come birilli, uno dopo l’altro, dittature ed establishment in nome della democrazia, provocando però ancora più orrore e morte. Ora tocca a noi aiutare questi popoli a uscire dal tunnel, non possiamo lavarcene le mani. Un giorno, potremmo essere noi ad avere bisogno di loro. Un esempio? Gli italiani che tra XIX e XX secolo sfuggirono alla povertà e alla miseria imbarcandosi verso la Tunisia o l’Algeria. Nessuno all’epoca ci ha chiuso le porte in faccia. 

Mettere in discussione Schengen limiterà le libertà dei cittadini europei?
Certo. Già adesso ne paghiamo lo scotto con il risorgere delle priorità e delle agende politiche nazionali a scapito dell’interesse comunitario. A lungo andare ne risentirà anche l’idea stessa di progetto politico europeo. Se da un lato si spinge per un allargamento che senso ha chiudere le frontiere? Dall’idea di un’Europa unita in cui le persone possono muoversi liberamente stiamo passando all’idea di un’Europa parcellizzata, campanilista, in cui ognuno pensa ai fatti propri senza preoccuparsi degli altri. Tra l’altro il grande paradosso è che le merci continuano a viaggiare senza problemi, senza frontiere, mentre il problema sarebbero soltanto gli esseri umani. Non è questa un’ammissione di sconfitta della nostra civiltà? (Ambra Notari)

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