15 luglio 2016 ore: 12:00
Immigrazione

Migranti: traumi e malaccoglienza. Msf: 6 su 10 hanno disagio mentale

Presentato a Roma il rapporto Traumi ignorati di Medici senza frontiere. A incidere sulle sofferenze sono i traumi vissuti prima e dopo il viaggio. “Le strutture in cui vengono ospitati sono inadeguate”. Carenti anche i servizi di assistenza offerti
Migranti. Uomo di colore sopra uno scoglio mentre prega

ROMA - “I pensieri si affollano nella mia testa. Soprattutto di sera, quando mi stendo nel letto, si fanno più cupi. Per non pensare leggo e cerco di imparare l’italiano, la domenica gioco a football, vado in chiesa. Non è stato facile arrivare fin qui, ho visto molte persone morire. Non si può spiegare, siamo partiti in tanti dal nostro paese e molti non ce l’hanno fatta. So che Dio mi ha aiutato ad arrivare fin qui, ma ora spero mi aiuti ancora un po’”. Mohamed (nome di fantasia) ha lasciato il Senegal nel 2011, e dopo un lungo viaggio è riuscito ad arrivare in Italia. Ma nel nostro paese il suo calvario non è ancora finito. E’ ancora in attesa di sapere se riuscirà mai ad avere i documenti, a trovarsi un lavoro e a mandare a casa i soldi che la famiglia gli chiede continuamente per poter mangiare. Richieste che risuonano nella sua testa, che lo assillano la notte e il giorno e che si fondono ai ricordi del lungo viaggio: dalle torture in Libia fino all’esperienza traumatica sul barcone per arrivare in Italia. Ferite ancora vive e spesso invisibili, ma sempre più frequenti fra quanti scappano da guerra e povertà. Il disagio mentale associato all’esperienza migratoria e alle condizioni di accoglienza in Italia è, infatti, un fenomeno sempre più preoccupante e gravemente sottovalutato. Lo conferma Medici Senza Frontiere (Msf) nel rapporto “Traumi ignorati”, presentato oggi a Roma. Una ricerca quali-quantitativa condotta in Italia tra Luglio 2015 e Febbraio 2016 in vari Centri di Accoglienza Straodinaria (CAS) di Roma, Trapani e Milano e dai dati raccolti durante le consultazioni realizzate nei CAS di Ragusa dai team di MSF tra il 2014 e il 2015.

Il 60 per cento presenta sintomi di disagio mentale. Secondo i dati diffusi dall’organizzazione il 60 per cento dei soggetti intervistati nell’ambito delle attività di supporto psicologico di Msf, tra il 2014 e il 2015, presentava sintomi di disagio mentale connesso ad eventi traumatici subiti prima o durante il percorso migratorio. “Inoltre – sottolinea Silvia Mancini, esperta di salute pubblica per Msf e curatrice del rapporto -. I richiedenti asilo si ritrovano a stare in strutture che sono spesso in zone particolarmente isolate e ci rimangono a lungo, a causa dei tempi legati all’attesa dell’esito della procedura di asilo. Questa condizione genera profondo stress e sofferenza, che si somma all’esilio in una terra sconosciuta e alla mancanza di prospettive”. L’analisi sottolinea che tra i 199 pazienti direttamente presi in carico nei Cas (centri di accoglienza straordinaria) di Ragusa, il 42 per cento presentava disturbi compatibili con disturbo post traumatico da stress, seguito dal 27 per cento affetto da disturbi dovuti all’ansia. Inoltre, la probabilità di avere disagi psicopatologici è risultata di 3,7 volte superiore tra gli individui che avevano subito eventi traumatici.

La malaccoglienza acuisce il disagio. Secondo il rapporto ben l’87 per cento dei pazienti dichiara di soffrire delle difficoltà di vita nei centri. Sotto accusa ci sono in particolare i centri prefettizi per l’accoglienza straordinaria (i Cas) che rappresentano la maggior parte (80 per cento) delle strutture per migranti ma che hanno “un approccio emergenziale, poco orientato a favorire progetti di lungo termine e di inclusione nei territori”.Proprio per questo l’organizzazione, che lavora per offrire assistenza psicologica nei Cas in Sicilia (nel 2015 nella provincia di Ragusa e attualmente in quella di Trapani), chiede un miglioramento della risposta alle esigenze specifiche legate alla salute mentale attraverso: un rafforzamento dei servizi interni alle strutture e di quelli esistenti sul territorio; un monitoraggio sistematico delle strutture e un controllo della qualità dei servizi erogati; un personale formato nel contesto della psicologia transculturale. “A fronte di un disagio diffuso tra i richiedenti asilo, il sistema di accoglienza resta altamente impreparato a rispondere adeguatamente alle esigenze di queste persone”, spiega  Tommaso Fabbri, responsabile per i progetti Msf in Italia. “Inoltre, i servizi sanitari territoriali spesso mancano di competenze e risorse necessarie e tardano a riconoscere i segni del disagio tra queste persone. Sono sporadiche, quando non del tutto assenti, figure come quella del mediatore culturale che possano aiutare a stabilire un contatto e a ridurre le distanze culturali”. (ec)

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