11 maggio 2015 ore: 15:40
Immigrazione

Migranti, violenza nei centri e durante il viaggio: "Trattati come animali dai trafficanti"

Nuovo rapporto di Amnesty: arrestati per ingresso illegale in Libia, detenuti a tempo indeterminato nei centri per migranti, dove la tortura è la regola. Ma maltrattamenti e abusi non mancano lungo tutto il viaggio, dall’Africa orientale e occidentale verso la costa
Gruppo di immigrati, stanchi e disperati

ROMA - I migranti e i rifugiati in Libia vanno anche incontro a periodi di detenzione a tempo indeterminato nei centri per migranti, le cui condizioni sono terribili e in cui la tortura è la regola. La maggior parte di loro viene arrestata per ingresso irregolare nel paese o reati simili. In questi centri si trovano anche coloro che vengono catturati a bordo delle imbarcazioni intercettate dalla guardia costiera locale. Lo denuncia l’ultimo rapporto di Amnesty International, "La Libia è piena di crudeltà’. Storie di sequestri, violenza sessuale e abusi contro i migranti e rifugiati”. Le donne detenute nei centri per migranti hanno denunciato molestie e violenza sessuale. Una testimone ha raccontato ad Amnesty International che i responsabili di un centro hanno picchiato a morte una donna incinta. “Ci picchiavano coi tubi di gomma dietro le cosce, non risparmiavano neanche le donne incinte. Di notte entravano nelle nostre stanze e cercavano di dormire con noi. Alcune di noi sono state stuprate e una è rimasta incinta. Ecco perché ho deciso di partire per l’Europa: ho sofferto troppo in prigione”, ha raccontato un’altra testimone. 

Amnesty chiede che le autorità libiche metta subito fine  alla “sistematica detenzione di migranti e rifugiati basata solo sulla loro condizione di migranti e applicarla solo quando strettamente necessario e per il minor tempo possibile”.

Alcuni migranti e rifugiati hanno riferito ad Amnesty di essere stati sottoposti a maltrattamenti, prima della partenza, da parte dei trafficanti anche per tre mesi, trascorsi in case in costruzione, in attesa che arrivassero ulteriori passeggeri. I trafficanti negavano acqua e cibo, li picchiavano coi bastoni e gli rubavano i loro beni personali. Altri rifugiati siriani ha dichiarato di essere stati trasportati in furgoni frigorifero in cui passava poca aria: “Due bambini hanno iniziato a soffocare e smesso di respirare. I genitori li schiaffeggiavano per fargli riprendere conoscenza. Noi battevamo sulle pareti ma l’autista non si fermava”. In seguito i bambini si sono ripresi.

Ma i migranti devono fare i conti con maltrattamenti e abusi lungo tutto il viaggio, dall’Africa orientale e occidentale verso le coste della Libia. Vengono rapiti a scopo di estorsione, durante la prigionia vengono torturati per costringere loro o le loro famiglie a pagare un riscatto,denuncia Amensty nell’ultimo rapporto. Coloro che non sono in grado di pagare vengono sfruttati e spesso ridotti in schiavitù: obbligati a lavorare senza compenso, aggrediti e derubati. Una volta entrati in Libia, talvolta i trafficanti cedono i migranti e i rifugiati a bande criminali che operano nel deserto o nei principali centri di transito come Sabha, nella Libia sudoccidentale, o Ajdabya, nella Libia orientale.

Migranti e rifugiati intervistati da Amnesty International hanno riferito di essere stati trattati come “schiavi” e “animali” dai trafficanti. Uno ha raccontato di essere stati tenuto, insieme a molti altri, in una stanza sporca e sovraffollata, senza servizi igienici, coperte e materassi, con pezzi di pane secco come unico cibo a disposizione.

Situazione particolarmente difficile  per le donne che viaggiano sole e i migranti e i rifugiati di religione cristiana, che “sono particolarmente in pericolo di subire violenze da parte di quei gruppi armati che intendono applicare la loro interpretazione della legge islamica”. Cristiani provenienti da Nigeria, Eritrea, Etiopia ed Egitto sono stati rapiti, torturati, uccisi e perseguitati a causa della loro religione. Ultimamente almeno 49 cristiani, per lo più provenienti dall’Egitto e dall’Etiopia, sono stati decapitati o fucilati in tre esecuzioni sommarie di massa rivendicate dal gruppo Stato islamico. Diffusi sono inoltre i rapimenti, le torture, i furti e le aggressioni ad opera di bande criminali e trafficanti, spesso ai confini meridionali della Libia e lungo le rotte usate dai trafficanti verso le coste libiche.  

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