Migranti, visti di ingresso a chi crea start-up: crescono le domande, tanti rinunciano
ROMA - L'Italia fatica nell’attrarre (e trattenere) talenti e investitori dall’estero, ma le premesse in termini di sostegno allo sviluppo ci sono tutte. Lo rileva il Rapporto Immigrazione e Imprenditoria curato dal Centro Studi e Ricerche Idos, a partire dal bilancio di “Start-up Visa”, programma avviato dal 2014 che ha introdotto procedure semplificate per il rilascio di visti prettamente legati all’avvio di una sturt-up innovativa. Una procedura che, dopo Regno Unito, Irlanda, Spagna, Danimarca, Paesi Bassi, Francia e Italia, recentemente hanno adottato anche Lituania, Estonia e Cipro.
In questi primi anni di attività l’Italia ha visto aumentare progressivamente il numero di candidature, dalle 18 del 2014 alle 99 nel 2016 fino agli ultimi dati disponibili (giugno 2017) che segnalano 91 candidature pervenute per un totale di 252. Il rapporto tra valutazioni positive e negative è all’incirca di 2 a 1: 151 concessioni di nulla osta (il 59,9%) contro 78 rifiuti, mentre 23 domande risultano ancora in fase di valutazione. Se aumentano le candidature, si registra però un significativo numero di rinunce: sono 135 i titolari effettivi del visto di riferimento in quanto 16 persone, nonostante l’avvallo del Comitato tecnico, hanno rinunciato al trasferimento in Italia, 139 hanno scelto di costituire ex novo un’impresa innovativa e le restanti 19 (14 dei quali provenienti dalla Cina) sono confluiti verso start-up già costituite, creando équipe di lavoro soprattutto con altri start-upper italiani. Un andamento che "sembra richiamare le difficoltà del Sistema Paese ad attrarre (e trattenere) talenti e investitori dall’estero", sottolineano gli osservatori.
Crescono le start-upper donne. Rispetto al 2015 aumentano le candidate donne (+6%) e risulta in leggera crescita anche l’età media dei candidati (da 34,2 anni a 35,6). Rispetto ai paesi di provenienza la Cina si colloca al primo posto con 60 candidature, di cui 25 hanno ricevuto parere favorevole, facendo registrare una notevole crescita nell’ultimo periodo. Seguono la Russia (con il maggior numero di candidature accettate, 47), Stati Uniti e Pakistan. I laureati rappresentano l’82,8% del totale e la quota è ancora maggiore tra i candidati che hanno ottenuto un nulla osta (91,4%). A livello geografico, il settentrione si conferma la principale area di elezione tra i detentori di un visto start-up e tra le regioni spicca la Lombardia, seguita da Veneto, Lazio e Piemonte (10) si collocano ai primi posti. Milano, Roma, Treviso e Varese sono invece le province con il maggior numero di preferenze.
In aumento i lavoratori immigrati tra i promotori di attività dall’alto valore tecnologico e innovativo. A giugno 2017 sono 203 le start-up iscritte nell’apposita sezione del Registro delle imprese con una compagine societaria di origine prevalentemente straniera (2,7% del totale) e oltre 900 quelle in cui è presente almeno un immigrato (12,6%). “Si tratta – si legge nel rapporto - di un apporto ancora contenuto, ma che non può non considerarsi importante, e non solo in termini di sostegno allo sviluppo del Paese. Sottolinea, infatti, come l’imprenditoria immigrata, oltre ad essere sempre più presente nei segmenti ordinari dell’attività produttiva, gioca il proprio ruolo anche negli ambiti a più alta redditività e che richiedono elevate competenze tecnico-gestionali”.