1 febbraio 2015 ore: 15:32
Famiglia

Minori allontanati, “basta sparate in tv, il problema sono gli abusi”

Nella polemica sulla puntata di Presa diretta si inserisce anche la Comunità Giovanni XXIII. Il responsabile Ramonda: “Nostre rette sono di 50 euro e una su due non viene pagata. La confusione che si fa è con le comunità educative, per questo serve una corretta informazione”
Bambino che piange, minori

ROMA – “Abbiamo sempre lavorato per la famiglia. Riteniamo che i bambini devono rimanere nella loro famiglia di origine o in alternativa siano dati in affidamento familiare. Questo lo ribadiamo. Ma le informazioni che oggi passano in tv non tengono conto di un problema fondamentale, e cioè quello dei bambini che nella loro famiglia di origine non possono più stare perché vittime di abusi e maltrattamenti o perché affetti da gravi patologie”. Nella polemica sui bambini fuori dalle famiglie affidati a case famiglia o comunità di accoglienza, si inserisce anche la Comunità Giovanni XXIII, che per bocca del suo responsabile generale Giovanni Ramonda, rispedisce al mittente sia le accuse sollevate dall’ultima puntata di Presa diretta, che dal segretario della Lega Nord Matteo Salvini in una puntata di Che tempo che fa.

“Ci sono migliaia di bambini che non possono rimanere a casa perché i genitori non riescono ad accudirli. Sono quei minori che hanno patologie fisiche o gravi  handicap, e che richiedono un intervento robusto – sottolinea Ramonda – Una volta andavano negli istituti, oggi vengono accolti nelle case famiglia. Così come ci sono minori maltrattati e abusati che devono essere allontanati. Ma quello che va detto è che le vere case famiglie sono quelle in cui c’è un figura paterna e una materna, persone cioè che vivono stabilmente nelle struttura, come accade alla Giovanni XXIII. La confusione che si fa è con  le comunità educative dove ci  sono degli operatori che turnano, per assistere i ragazzi h24. E’ ovvio che in questi casi le rette arrivino anche a cifre che sfiorano i 300 euro al giorno. Ma per noi non è così”.

La media delle rette della comunità Giovanni XXIII per l’anno 2015 va da un minimo di 39,13 euro per l’assistenza diurna a un massimo di 91 euro per l’assistenza di minori con patologie gravi. “La media delle nostre rette è di 50 euro, le rette di 90 euro sono rare – spiega ancora Ramonda – Di norma, poi, una retta su due non viene pagata. Va considerato, inoltre, che i nostri operatori vivono 24 ore su 24 nelle case famiglia, quindi se si divide la cifra per le ore complessive svolte, si vede che si tratta di circa 3 euro all’ora”. Rispetto a questo, continua il responsabile, “noi riteniamo che serva una corretta informazione, basta con le sparate alla Salvini che non servano a nulla”.

Quanto alla contestata puntata di Presa diretta, su cui si è aperta un’aspra polemica con il Cnca, Ramonda aggiunge: “può darsi che nel corso dei decenni i giudici abbiamo agito in alcuni casi in modo affrettato, ma va detto che seppur gravi, gli allontanamenti presi in considerazione nella puntata sono delle eccezioni. L’errore ci può stare ma non è la consuetudine. Che ci sia anche qualche conflitto di interesse può darsi, ma anche qui sono solo casi eccezionali. Ma da lì a dire che i bambini vengono tolti per questo non è credibile. Così come non si può dire che la causa sia la crisi economica. La prima causa di allontanamenti sono ancora gli abusi e i maltrattamenti in famiglia”.

Infine il responsabile della comunità ricorda che proprio nelle scorse settimane, la Giovanni XXIII in un’audizione parlamentare ha chiesto che venga riconosciuta la “vera casa famiglia, distinta dalla comunità alloggio e dalla comunità educativa. Una svolta che servirebbe anche a fare maggiore chiarezza, perché oggi sotto il nome di casa famiglia si trova di tutto”.(ec)

 

 

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