Minori detenuti, le proposte di Antigone: "Carceri aperte e educatori al posto di poliziotti"
ROMA - “Chiediamo al Governo di fare una legge coraggiosa per rendere residuale la carcerazione dei minori”. Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone ha presentato questa mattina a Roma il terzo rapporto “Ragazzi Fuori” che analizza la vita dei minori all’interno degli istituti penali. “In questo lavoro non ci limitiamo a guardare quello che accade all’interno delle carceri. Cerchiamo di proporre modelli positivi che continuino una volta esaurita la pena. La situazione non è tragica ma ci sono alcuni elementi di criticità”. Prima fra tutti la mancanza di apertura al mondo esterno. Secondo Alessio Scandurra di Antigone: “Le strutture detentive sono state concepite come penitenziari e non consentono quella flessibilità e quella apertura necessaria alla crescita del minore. Alcuni istituti si trovano fuori dai tessuti urbani: più sono lontani e più è difficile che i servizi della città se ne facciano carico. Occorre, poi, coinvolgere il mondo del profit per dare opportunità reali di lavoro ai ragazzi”.
L’associazione Antigone ha inviato al Governo delle proposte per migliorare la condizione dei minori nelle carceri. Come si legge nel rapporto: “Vanno previste modalità innovative di vita ordinaria per i ragazzi, ad esempio prevedendo che possano frequentare le scuole del territorio; non deve esserci nessuna preclusione all’uso del web; va progettata un’edilizia che non deve assomigliare a un carcere ma a una scuola, senza sbarre alle finestre; va concepito uno staff esperto e qualificato senza la presenza di poliziotti all’interno dell’istituto”.
Alla presentazione del rapporto è intervenuto anche Francesco Cascini, Capo Dipartimento della Giustizia Minorile e di Comunità: “Il nostro obiettivo è quello di tirare fuori i ragazzi dal carcere e per farlo c’è bisogno che le istituzioni condividano una strategia comune. I minori detenuti devono poter andare a scuola fuori dall’istituto: il carcere deve diventare parte integrante della città. Le risorse per il sistema penitenziario minorile ci sono: abbiamo 10 educatori ogni 20 minori. Nel carcere per adulti la proporzione è di uno ogni 1000 detenuti”. Cascini ha poi posto la questione della sorveglianza: “Le strutture penitenziaria per essere sicure devono essere sorvegliate da almeno una trentina di poliziotti che non portano la divisa. Su questo punto esprimo perplessità: i ragazzi devono imparare a vedere il poliziotto come una figura positiva e devono potersi fidare”.
Per Cristina Maggia, vice presidente Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni per la Famiglia, “la situazione dei minori detenuti non è totalmente negativa,nonostante la vergognosa assenza di un ordinamento penitenziario minorile. In molti casi si riesce a trasformare la detenzione in un periodo che sia fonte di speranza. Ma c’è ancora molto da fare: dobbiamo dare motivazioni e fiducia ai ragazzi e fornire loro le risorse necessarie con un approccio affettivo. Quando una persona ha stima di sé, non si butta via. In Liguria il 97 per cento dei ragazzi che hanno partecipato alla messa alla prova non è tornato a delinquere”.
Altro punto importante è la presenza degli educatori nelle carceri. “Garantiscono il contatto con il mondo all’esterno e soprattutto insegnano ai minori a gestire il conflitto”, continua Maggia. “Tutti i giovani detenuti hanno bisogno di essere seguiti da psicoterapeuti. La pericolosità dei ragazzi non è data dai loro reati. I minori davvero pericolosi sono pochi, tutti quanti invece soffrono e hanno un dolore dentro. Si sentono soli, con un destino che loro percepiscono come ineluttabile. Non è possibile che le sanzioni disciplinari sono uguali per minori e adulti. All’interno del carcere bisogna attuare sanzioni che siano tramutabili in obblighi di fare: questo restituisce al ragazzo la sensazione di fare qualcosa di buono, comprende che non è tutto sbagliato in lui e che può rimediare agli errori fatti”.