25 ottobre 2013 ore: 15:17
Immigrazione

Minori sbarcati a Lampedusa, già 361 le famiglie pronte ad accoglierli

Tante le famiglie su tutto il territorio italiano che hanno già dato la propria disponibilità ad accogliere in affido un minore straniero non accompagnato o una madre con bambini, aderendo al progetto “Bambini in alto mare” dell’Ai.Bi

ROMA - Sono 361 le famiglie su tutto il territorio italiano che hanno già dato la propria disponibilità ad accogliere in affido un minore straniero non accompagnato o una madre con bambini, aderendo al progetto “Bambini in alto mare” dell’Ai.Bi.
Lunedì prossimo faranno un incontro pubblico a Palermo con i servizi sociali del comune e tutte le famiglie interessate o curiose di come funziona il progetto. Nel frattempo a Lampedusa hanno iniziato a incontrare le famiglie residenti, per vedere se c’è la disponibilità di qualcuna di loro ad accogliere i minori stranieri non accompagnati sbarcati sull’isola. E' stato infatti sottoscritto, fra il comune e l'associazione Amici dei  Bambini, un accordo di collaborazione per offrire la possibilità di far vivere ai bambini e ai ragazzi  non accompagnati  sbarcati sull'isola, una vita quanto più normale possibile, all’interno di una famiglia affidataria.

“Qualcuna è effettivamente interessata, ora dobbiamo fare degli incontri informativi e formativi. Questo permetterebbe di trasferire i ragazzi prima possibile fuori dal centro di prima accoglienza, perennemente sovraffollato”. Michele Torri è il responsabile della missione di startup del progetto “Bambini in alto mare” dell’Ai.Bi. Si trova a Lampedusa, e si è confrontato nei giorni scorsi anche con i responsabili di Presidium di Save the Children. “E’ stato un interessante approfondimento sulle dinamiche che riguardano i minori in arrivo, con un’organizzazione attiva da anni in questo luogo di sbarco – spiega – Fino ad oggi il comune di Lampedusa non è stato direttamente coinvolto, mentre tutto viene gestito dall’ufficio minori della Questura di Agrigento”. Ai.Bi. promuoverà a proprie spese e in collaborazione con il servizio sociale locale, un vero e proprio "servizio di affido etero familiare", per minori stranieri sotto ai 14 anni.

Dopo la tragedia dei giorni scorsi, l’associazione Ai.Bi. si è mossa per dare risposte pratiche e operative all’emergenza. Ha lanciato un appello alle famiglie disposte ad accogliere in affido minori e mamme con bambini sbarcati sulle nostre coste, ottenendo subito un notevole riscontro: il contatore sulla pagina Internet, che indica la crescita di giorno in giorno, segnala che oggi siamo a 361 famiglie, da ogni parte d’Italia, mentre i profughi sbarcati sulle nostre coste dall’inizio dell’anno sono 35mila, di cui si calcola circa seimila minori.

“Si tratta di uno screening preliminare – spiega Valentina Bresciani, responsabile affidi di Ai.Bi. -, un’azione di sensibilizzazione e monitoraggio della disponibilità. Non solo da parte di famiglie pronte ad accogliere bambini o singole madri coi figli, ma anche a offrire immobili e locali da poter utilizzare per l’accoglienza, già data da alcuni”. Dal canto suo, Ai.Bi. ha messo a disposizione una propria struttura nella zona di Melegnano, capace di accogliere quattro nuclei familiari di mamme con bambini.

Questa azione preliminare permette di iniziare ad avere una banca dati delle famiglie disponibili, incontrarle, spiegare loro approfonditamente di cosa si tratta, e fare una valutazione preliminare da passare poi ai servizi sociali dei singoli comuni, che si occupano poi dei progetti individuali di affido.

“E’ importante chiarire che l’affido non è l’adozione – aggiunge Torri -. Può avvenire anche per brevi periodi, e spesso parliamo di ragazzi adolescenti. Ci vuole un lavoro di formazione per preparare la famiglia affidataria, ma anche per creare le figure professionali che si occuperanno dei servizi”. Fra le attività previste dall’accordo con il comune, oltre alla formazione delle famiglie, c’è accompagnare e sostenere le famiglie accoglienti attraverso una forma di cogestione da realizzare in sinergia con i servizi sociali e la formazione di operatori del settore.

Attualmente l’iter prevede che all’atto dello sbarco le persone siano accudite e curate dalla Croce Rossa, registrate, fotoidentificate e accompagnate al centro di prima accoglienza. “Almeno per le fasce più deboli si rispetta il limite massimo di tre giorni, anche in casi di emergenza e sovraffollamento, poi sono accompagnate in una struttura di seconda accoglienza”, spiega il responsabile di Ai.Bi. E’ qui che può entrare in gioco il lavoro con le famiglie e i servizi sociali comunali: valutare la disponibilità delle famiglie sul territorio, sull’isola e nei distretti siciliani più prossimi, ad accogliere i minori anche per poco tempo, e offrire una sistemazione accogliente a chi di traumi ne ha già subiti a sufficienza.

“Non esistono criteri di legge per poter essere famiglie affidatarie – spiega Bresciani – a differenza dell’adozione, per cui ci sono norme molto stringenti. Teoricamente potrebbe essere anche una coppia non sposata, un singolo, indipendentemente dall’età. L’obiettivo dei nostri colloqui preliminari è proprio capire i requisiti delle famiglie, se hanno già esperienza con figli o affidi, o adozioni, per essere in grado di affrontare al meglio l’accoglienza dei ragazzi”.

“A parte i bambini più piccoli, che salvo tragedie lungo il percorso sono solitamente insieme alle madri o a tutta la famiglia, si tratta spesso di ragazzi adolescenti che partono e affrontano lunghi viaggi verso l’Europa per provvedere alla famiglia in patria – spiega Viviana Valastro, di Save the Children -. Non sono orfani, sono molto autonomi, hanno vissuto storie molto difficili e hanno tutte le tipiche criticità di un adolescente. Molte persone stanno manifestando una straordinaria generosità,  ma si tratta di situazioni molto delicate”.

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