12 agosto 2016 ore: 13:53
Immigrazione

Minori stranieri, a Ravenna il secondo hub dell'Emilia Romagna per 50 ragazzi

Il nuovo centro va ad aggiungersi a quello di Bologna, per un totale di 100 posti. Oltre 200 i percorsi Sprar attivi in regione; 21 i minori arrivati spontaneamente nel capoluogo dall’inizio del mese. Resta il problema dei minori ospitati nell’hub adulti di via Mattei
Simon Edmunds per Save the Children Gruppo di minori immigrati

Foto Simon Edmunds per Save the Children

RAVENNA – Il secondo hub per minori stranieri non accompagnati dell’Emilia-Romagna aprirà a Ravenna: 50 i posti a disposizione, 20 a Ravenna e 30 sul territorio. Già, perché il secondo hub regionale (il primo è l’hub ospitato dalle ex scuole Merlani a Bologna, inaugurato il 23 marzo 2015) sarà decentrato: il progetto è stato presentato direttamente da Anci al Ministero, e ha ottenuto il finanziamento. “Stiamo ultimando in queste ore gli accordi con le altre strutture che accoglieranno i ragazzi – spiega Paolo Pirazzini, direttore del dipartimento Welfare di Anci Emilia-Romagna –: ci sarebbe piaciuto realizzare un hub in un unico posto come a Bologna, ma le condizioni ci hanno fatto propendere per una soluzione diffusa. Il centro di Ravenna sarà gestito da due cooperative, Camelot e Persone in movimento, e dovrebbe aprire entro il 23 agosto, come auspicato anche dal prefetto Mario Morcone. Perché Ravenna? Collaboriamo con Ravenna dall’inizio dell’emergenza: ci sono le strutture e le competenze”.  

Nella graduatoria dei progetti presentati in occasione del piano di qualificazione del sistema nazionale di prima accoglienza conclusosi il 6 luglio (quello di Morcone, che prevede 36 nuovi centri per msna), un progetto siciliano si è classificato al primo posto, davanti all’hub di Bologna e al nuovo hub di Ravenna. “È la conferma della validità dei nostri progetti”, commenta Annalisa Faccini, responsabile dell’ufficio minori famiglie tutele e protezioni del Comune di Bologna. Così, i 50 posti dell’hub di Ravenna vanno a sommarsi agli altri 50 posti dell’hub del capoluogo. Contemporaneamente, a Bologna sono attivi 127 percorsi Sprar per minori (presto dovrebbero diventare 150: si sta lavorando per includere anche i neomaggiorenni), a cui se ne aggiunge un altro centinaio sul resto del territorio regionale (anche in questo caso potrebbero esserci ampliamenti). 

“Questi progetti – gli hub e i percorsi Sprar – sono progetti specifici con una durata determinata, che ottengono finanziamenti da canali ministeriali. Poi, ma sono un’altra cosa, ci sono quelle situazioni che prevedono rimborsi tramite le prefetture ai comuni che accolgono giovani profughi”, continua Faccini. Si tratta di msna arrivati spontaneamente sul territorio: “Quotidianamente riceviamo telefonate dalle forze dell’ordine che trovano ragazzini soli, che non sanno dove andare: così, chiamano i servizi sociali. Questa dinamica è diffusissima a Bologna: solo in agosto – e siamo al 12 – ne abbiamo già accolti 21. Di questi casi, noi trimestralmente mandiamo un rendiconto alla Prefettura. Veniamo rimborsati con 45 euro pro capite pro die”. 

E poi, ci sono i minori accolti dall’hub di via Mattei, circa una cinquantina di ragazzini che vivono con gli adulti: “All’hub di via Mattei non dovrebbero mai arrivare – continua Faccini –, considerato che non ci si possono essere recati spontaneamente, ma attraverso il nucleo sbarchi. Non dovrebbe succedere, ma può darsi che, al momento dello sbarco, non ci sia la possibilità di discernere tra chi è quasi maggiorenne e chi già lo è, considerato poi che tutto si basa su una autodichiarazione”. 

Secondo l’ultimo report della Regione (26 luglio) sono 923 i msna presenti sul territorio. Nella maggior parte dei casi hanno tra i 16 e i 17 anni: vengono dall’Albania, dal Pakistan, dal Marocco, dalla Nigeria. Secondo Faccini, gli hub regionali sono strumenti molto validi anche perché permettono di avere sempre una visione d’insieme: in pratica, danno la possibilità di vedere tutti coloro che transitano dalla regione. Cosa che non avviene, invece, nelle regioni che non ne dispongono: lì, ogni provincia registra il suo flusso, e i numeri perdono di rilevanza. “Da un lato, è un bene avere sempre davanti il quadro generale – precisa Faccini –. Dall’altro, può essere un problema: passando tutti da Bologna, c’è il rischio che, in caso d’emergenza, sia sempre Bologna a dovere intervenire. Noi facciamo il possibile, ma a livello regionale è la Prefettura a doversene fare carico”. 

“Tra hub minori, hub adulti, percorsi Sprar per adulti e minori, abbiamo cercato di mettere insieme tutte le varie fasi – continua Faccini –. Purtroppo, ancora oggi gli Sprar, che dovrebbero essere la scelta privilegiata, fanno numeri residuali rispetto ai Cas, i centri di accoglienza straordinaria, che accolgono la maggior parte dei profughi. Noi siamo fortunati, perché in Emilia-Romagna le esperienze dei Cas sono virtuose, anche perché spesso i gestori sono gli stessi dei percorsi Sprar. Ma tra le due realtà ci sono differenze: i Cas sono a breve termine, e le rendicontazioni meno stringenti. Per lo Sprar, i percorsi sono più lunghi, e gli accordi molto più vincolanti. Se fosse possibile integrare nello Sprar le esperienze di Cas che hanno i requisiti, sarebbe già un grande passo avanti”. 

Secondo la dirigente comunale, il processo d’accoglienza in regione è perfettibile: “Le condizioni ci sarebbero, ora dobbiamo migliorare nel fare sistema, per archiviare definitivamente un approccio di tipo emergenziale: al momento è ancora un po’ fragile. Anche perché non dimentichiamoci che la prima e la seconda accoglienza non sono che una fase propedeutica all’integrazione: una fase di certo decisiva, ma tutta protesa a consentire l’autonomia delle persone accolte”. (Ambra Notari)

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