Minori stranieri, nel centro più grande di Palermo: "hanno avuto gravi lutti"
PALERMO - E' un'accoglienza fatta quasi sempre di grandi numeri, che si sforza ogni giorno di mantenere standard di qualità nonostante il sovraffollamento, quella garantita da Asante, il più grande centro di Palermo per minori stranieri non accompagnati. Si articola in due rami della stessa onlus, Elom e Azad, e, da quando lo scorso 21 dicembre è stato aperto, registra un flusso continuo di ragazzi che entrano e che escono.
Rispetto alla capienza ordinaria, che per Elom è di 60 persone e per Azad di 55, attualmente accoglie circa 145 minori, ma è arrivato in alcuni periodi ad ospitare fino a 250 minori, una situazione che ha provocato proteste o tensioni. “In quei momenti è davvero molto difficile riuscire a mantenere una pacifica convivenza, proprio per il numero elevato di nazionalità presenti - dice Roberto Carmina, responsabile del centro -. Cerchiamo di stabilire subito delle regole condivise per il bene di tutti. Lo facciamo cercando di avvalerci di varie competenze".
A inviare al centro i minori stranieri dopo gli sbarchi è prevalentemente il comune ma capita che la segnalazioni arrivi dalla questura. Le nazionalità presenti sono in misura maggiore Gambia e Guinea Bissau; ci sono però anche ragazzi di Senegal, Nigeria, Costa d'Avorio, Mali, Camerun, Niger, Benin, Togo e Pakistan. L'età dei minori accolti va da 12 ai 18 anni ma capita (al momento sono 8 i maggiorenni) che ci siano anche giovani che dopo la maggiore età rimangano, in attesa di trasferimento, anche per tempi lunghi.
Oltre ai pocket money (ogni 15 giorni), viene fornito un kit di abbigliamento sia estivo che invernale e garantita l'assistenza legale con la possibilità di ricevimento due volte alla settimana. L'ampia struttura, che prima era un pensionato universitario, è una palazzina di sei piani con 90 camere, doppie o triple, ognuna con il suo bagno e grandi sale per le riunioni. Gli operatori sono complessivamente 20 per ogni centro e, tra questi ci sono due psicologi, alcuni educatori e due assistenti sociali. I pasti per quanto possibile cercano di tener conto di gusti e abitudini delle diverse nazionalità. Inoltre, due medici effettuano visite mediche due volte a settimana. Nella struttura ci sono pure alcune postazioni internet e una sala preghiera dove raccogliersi.
Proprio per cercare di mantenere la calma e vigilare che persone esterne non entrino, l'ente gestore ha scelto di avvalersi di tre "vigilantes" con il compito di favorire il dialogo: tra loro c'è Ndiaye Ibrahima, senegalese, 43 anni, da 21 anni in Sicilia che lavora al centro da 6 mesi e prima faceva il buttafuori in una discoteca. "Mi sento come un fratello maggiore ma, a secondo dei casi, anche un padre e uno zio - dice -. Non è facile ma ci provo. In caso di litigio cercare di essere autoritario, facendo la voce grossa, può essere necessario per mantenere la fratellanza ed il rispetto reciproco tra tutti. In linea di massima cerco di farmi benvolere e con alcuni riesco pure ad essere amico". “I vigilantes non hanno un rapporto negativo con i ragazzi - ci tiene a sottolineare Carmina -. Considerando che sono adolescenti le liti possono scoppiare ma anche riuscire subito a spegnersi. L'equilibrio è comunque sempre delicato e precario".
"Dai primi colloqui sappiamo che quasi tutti hanno avuto gravi lutti - dice la psicologa Francesca Sorce - che spesso li portano ad avere anche incubi notturni. Dopo 30 giorni, ad ognuno di loro, facciamo una scheda di osservazione per vedere se sono emersi disturbi post traumatici da stress. Attualmente abbiamo 20 ragazzi con supporto psicologico e 5 sotto terapia psicologica per depressioni o altri piccoli disturbi. Anche se c'è stato qualche caso psichiatrico che abbiamo demandato all'Asp, in linea di massima sono solo problemi psicologici che riusciamo a contenere con le terapie ed i colloqui".
Dal centro in questi giorni arriva una novità: gli operatori della questura si recheranno direttamente sul posto per avviare il modulo C3 (permesso di soggiorno temporaneo in attesa della decisione della commissione) snellendo in questo modo le operazioni. Ne saranno interessati per il momento 60 ragazzi. E' il primo esperimento in città di questo tipo e potrebbe diventare una prassi da riproporre anche in altri centri. "Questo snellisce e riduce considerevolmente i tempi - spiega ancora Roberto Carmina -. Io, essendo avvocato, mi occupo dell'informativa legale e del disbrigo pratiche per i loro documenti. Ai nostri ragazzi deve essere garantita sempre la massima trasparenza della loro posizione giuridica. Proprio per questo, su loro richiesta, facciamo vedere a che punto è la loro pratica. Non bisogna illuderli o dargli, ancora peggio, false speranze perchè soffrono e si arrabbiano".
“Lavorare su i grandi numeri resta un impegno forte che investe tutta la nostra responsabilità - continua Roberto Carmina -. Siamo comunque consapevoli di essere un soggetto attivo di un sistema che cerca di rispondere a dei bisogni reali del Paese. Tra le principali criticità c'è sicuramente quella di dare corso ad un maggiore rispetto della legge che favorisca entro i termini di due mesi i trasferimenti dei ragazzi. Naturalmente i ragazzi maggiorenni dovrebbero essere trasferiti rapidamente cosa che non avviene. Il sistema organizzativo siciliano arriva spesso al collasso perchè non ci sono abbastanza centri di prima accoglienza né questi possono essere ubicati tutti in Sicilia. Quando capita che lamentiamo la lentezza della burocrazia – da più uffici amministrativi, sia di polizia che del comune, ci viene detto che il loro problema è lo scarso numero di personale che è travolto da una mole di lavoro enorme. Un'altra criticità è quella di dovere operare anticipazioni o dilazioni economiche a fornitori e operatori per sopperire ai rimborsi pubblici che avvengono dopo parecchi mesi". (set)