Misna, non sono bastati gli appelli: la chiusura dell’agenzia è definitiva
ROMA - Alessia De Luca risponde al numero fisso della redazione: “Che ci faccio qui? Sto formattando il computer, raccogliendo le mie cose. Ci sono anche i miei colleghi, stiamo smobilitando. Hai presente la Lehman Brothers? Siamo così, con i cartoni in mano. La cosa assurda è che non c’è traccia del direttore. Non c’è nessuno qui, a rappresentare la società”. Alessia De Luca è una redattrice – e rappresentante sindacale – della Misna, l’agenzia di stampa internazionale nata nel 1997 per mano di padre Giulio Albanese. Un’agenzia da sempre impegnata a dar voce a chi altrimenti non ne avrebbe: tutti i Sud del mondo. Almeno fino allo scorso 23 dicembre, quando l’editore – Missionari Comboniani, Missionari della Consolata, Pontificio istituto missioni estere, Missionari Saveriani – ha fatto avere ai dipendenti le lettere di licenziamento: la Misna avrebbe chiuso il 31 dicembre. Da quel giorno gli appelli si sono rincorsi, i giornalisti hanno anche mandato una lettera al Papa. Tutto inutile: dal primo gennaio tutta la redazione – 4 giornalisti, 2 collaboratori e 3 traduttori – è disoccupata.
Alessia lavora in agenzia da 8 anni, ma c’è chi è lì dall’inizio. “Abbiamo provato di tutto per salvarla, senza successo. La testata rimane proprietà degli istituti missionari che hanno deciso di non cederla. Non abbiamo nessuna possibilità di affittarla o rilevarla. Hanno fatto tutto alla perfezione per legarci le mani”, ammette. La redazione, spiega De Luca, aveva anche chiesto di mettere in campo sinergie con altre piccole realtà in affanno dell’editoria cattolica, ma nessuno ha preso in considerazione il suggerimento: “Tutti stretti nel loro piccolo orticello, mentre la stampa laica si unisce. Ma dovremmo essere noi a dare il buon esempio e a impegnarci nella solidarietà”.
- “È assurdo, è una scelta scellerata – continua –. La Cei aveva fatto una proposta concreta ai missionari, che invece l’hanno rifiutata. Una scelta che non mi spiego”. La Conferenza episcopale, pochi giorni fa, aveva effettivamente avanzato la sua offerta: coprire il bilancio per due anni; fornire un service composto da Avvenire, TV2000, Radio in Blu e Sir; offrire una persona per gestire la raccolta dei fondi, come spiega padre Giulio Albanese dalle pagine della Stampa. “All’incontro con la Cei si sono presentati solo il superiore dei Comboniani e quello della Consolata – racconta De Luca –. Hanno parlato anche a nome degli assenti, che risultano irraggiungibili. Quando è stata chiesta l’intenzione, anche individuale, di fare un passo avanti, nessuno si è mosso”. I missionari presenti all’incontro hanno parlato di impossibilità di proseguire nell’esperienza, considerata l’assenza delle forze necessarie. “È stata una grande delusione, soprattutto per quanto riguarda i comboniani. Il nostro fondatore era comboniano, così il nostro direttore era comboniano. Noi nasciamo da un’idea comboniana poi diventata terreno comune. È il fallimento di un’esperienza unica nel suo genere”.
Con la fine della Misna va a mare anche un archivio ventennale di notizie: “Questa esperienza si chiude, il nostro archivio sarà sepolto. Chissà, forse tra qualche anno a qualcuno verrà in mente di fondare un’agenzia per parlare dei Sud del mondo. Ma non sarà la Misna. La Misna si spegne oggi”. E racconta l’ultima notizia che ha scritto per l’agenzia: la prima partita di calcio trasmessa in televisione in Somalia dopo 20 anni di guerra civile. “Sono molto legata a quel Paese: ero contenta di dare quella notizia, di raccontare i somali che tornano a sedersi insieme al bar, dopo che per anni abbiamo scritto di corti islamiche, governi e morti per le strade. Ecco, oggi i riflettori su tutto quello si spengono. Non me ne capacito: è l’anno del Giubileo della Misericordia, il pontefice ha chiesto dalla Repubblica Centrafricana di parlare di quelle zone. E noi invece veniamo messi a tacere”. (Ambra Notari)