Mission sotto accusa, Sergi (Intersos): falsità infamanti diffuse in malafede
ROMA – “Accuse infamanti diffuse in malafede, attraverso una serie di falsità”. Nino Sergi, presidente di Intersos, tuona contro tutte le indiscrezioni sulle presunte irregolarità nella realizzazione del programma Mission, il primo reality sui campi profughi, diffuse dal blog African Voices. Secondo quanto riportato da Fulvio Beltrami, autore del blog che si firma attraverso questo pseudonimo e si qualifica come giornalista, a fare da “talpa” sarebbe stato proprio un cooperante di Intesos, che gli avrebbe passato materiali e video. Questa secondo Sergi sarebbe proprio la prima falsità: “Nessuno di noi ha mai avuto materiale video disponibile in mano – spiega a Redattore sociale – abbiamo visionato i filmati ma non siamo in possesso dei video, non è possibile quindi che un nostro operatore li abbia diffusi. E in ogni caso non c’è motivo perché avrebbe dovuto farlo”. Pretestuoso sarebbe inoltre mettere in dubbio che le riprese siano state realizzate in appositi set cinematografici. “Quello che si vede nelle scene con Paola Barale è un campo per sfollati non un campo profughi –aggiunge Sergi – Ma le scene sono tagliate ad hoc per far vedere che il contenuto è superficiale. Posso assicurare che in formato integrale, le scene mostrano realtà molto interessanti. African voices ha scelto invece di mostrare solo le parti più leggere per far sembrare che siano tutte sciocchezze. La scena di Paola Barale ed Emanuele Filiberto che dipingono, inserita nel suo contesto originale, ha tutto un altro significato”.
Il presidente di Intersos, garantisce inoltre che non ci sono state irregolarità nella realizzazione delle riprese e che tutte le autorizzazioni sono state richieste, come previsto dalle leggi locali: “E’ tutto in regola – dice –anche su questo noto un grande pregiudizio”. Sergi vuole poi sgombrare il campo dai sospetti sui fondi che verranno raccolti durante la messa in onda del programma. “Tecnicamente non sappiamo ancora come sarà realizzata, ma nel corso della messa in onda lanceremo una raccolta fondi, attraverso un sms solidale –aggiunge – ma queste risorse andranno esclusivamente alle popolazioni interessate dalla trasmissione. Partiranno cioè dei progetti nei cinque paesi che abbiamo visitato: Mali, Ecuador, Sud Sudan, Congo e Giordania. Finché non sappiamo quanti soldi saranno raccolti non possiamo essere più precisi, ma la previsione è per ora di realizzare per esempio una scuola in Congo e un centro per bambini soldato in Mali”.
Le due puntate del contestato docu-reality andranno in onda il 4 e il 12 dicembre su Rai Uno. All’interno verrà raccontata l’esperienza di alcuni personaggi famosi in zone difficili: si vedranno Michele Cucuzza e Barbara De Rossi in Sud Sudan, Paola Barale ed Emanuele Filiberto in nord Congo, Albano e le due figlie in Giordania, Francesco Pannofino e la giornalista di “Novella 2000” Candida Morvillo in Mali, l’attore Cesare Bocci e la presentatrice Lorena Bianchetti in Ecuador. “Ancora non c’è una versione definitiva del programma, ci si sta ancora lavorando, è tutto work in progess –spiega ancora Sergi -. La Rai ha avuto questa idea di fare un programma in prima serata su temi così difficili e ha scelto personaggi noti per raggiungere il grande pubblico. Per noi si è trattato di una grande sfida, sapevamo che si trattava di una trasmissione difficile ma non ci aspettavamo tutte queste critiche, addirittura prima della messa in onda. Non ce la siamo sentita di mettere veti sui personaggi coinvolti, con quale diritto possiamo dire che alcuni soggetti non hanno la dignità di parlare con e dei rifugiati? Noi vogliamo solo che il racconto sia corretto. Come Intersos e Alto commissariato per i rifugiati non ci saremmo di certo prestati a una spettacolarizzazione del dramma dei profughi”.
Sergi si dice deluso anche dal comportamento delle altre associazioni del mondo del sociale: “tutti hanno criticato e scritto cose pesantissime, ma nessuno mi ha fatto una telefonata per chiedermi cosa fosse questo programma. Non capisco tutto questo pregiudizio, forse anche il nostro mondo sta diventando malato”. (ec)