Missione Eunavfor Med, 48 scafisti arrestati e oltre 9 mila vite salvate
ROMA – Oltre 9 mila vite umane salvate, 48 scafisti arrestati e 76 barche sequestrate. Sono questi i risultati dei primi mesi dell’Operazione Sophia della missione Eunavfor Med resi noti dall’ammiraglio Enrico Credendino, comandante della missione, durante un’audizione tenutasi ieri pomeriggio in Commissione Difesa Camera e Senato. Avviata dopo quella che lo stesso ammiraglio definisce “la più grave tragedia del Mediterraneo” del 18 aprile del 2015, quando al largo delle coste libiche è affondato un peschereccio con 800 migranti a bordo, la missione oggi coinvolge ben 22 paesi europei, a cui si aggiungeranno a breve anche Austria e Portogallo. “Abbiamo arrestato 48 scafisti e salvato oltre 9 mila persone – ha detto Credendino -. Se non ci fossimo stati la maggior parte di loro sarebbero stati salvati comunque da altre navi, come le mercantili, ma molti sarebbero morti”.
I flussi del 2015 raccontati da Credendino confermano la crescita del numero di quanti hanno deciso di muoversi verso i Balcani. “L’83 per cento ha scelto la rotta ad Est, la rotta terrestre che dalla Turchia va nei Balcani – ha detto l’ammiraglio -. Il 16 per cento ha scelto la rotta da Sud, sempre con numeri molto alti”. Tuttavia, ha aggiunto Credendino, è proprio la rotta sud a rappresentare un alto rischio per la vita dei migranti. “E’ quella più pericolosa – ha chiarito -. Sono morte quasi 3 mila persone, tutte in acque territoriali libiche. La maggior parte a poche miglia dalla costa e la Libia non ha i mezzi per intervenire”. Nelle ultime settimane i dati parlano di partenze concentrate nella zona di Tripoli e il mezzo scelto dai trafficanti è ormai quasi sempre il gommone, che per i migranti rappresenta un grosso rischio.
“Fino a qualche settimana fa a est di Tripoli venivano usati essenzialmente gommoni di fabbricazione cinese, fatiscenti e mediamente affondano da soli dopo il primo viaggio – ha raccontato Credendino -. Sappiano anche che strada fanno: arrivano in Turchia, poi a Malta e in Libia o direttamente in Libia. Purtroppo non possiamo fermarli perché vengono comprati in maniera lecita. Non c’è uno strumento giuridico che ci consenta di fermarli. Ci potrebbe essere una risoluzione Onu che pone embargo selettivo su questo tipo di gommoni se riusciamo a stabilire che effettivamente vanno in mano agli scafisti. Oggi, però, si tratta di una possibilità remota”. Diminuisce anche il ricorso a barche di legno da parte degli scafisti, cioè i mezzi più redditizi per i trafficanti. “Un gommone costa circa 8 mila euro – ha spiegato Credendino - e imbarcano fino a 100 persone, quindi il guadagno netto con un gommone è di circa 80 mila euro. La barca di legno è quella più importante per gli scafisti, imbarca più persone può essere usata anche in condizioni molto più avverse. Tutto sommato costa poco e il guadagno netto può arrivare a 400 mila euro”. Tuttavia, ha aggiunto l’ammiraglio, “oggi gli scafisti non sono più in grado di prendere barche di legno e nelle ultime 6 settimane abbiamo notato barche di legno in solo due occasioni”.
Scafisti, gommoni e il Canale di Sicilia da attraversare, però, non sono le uniche insidie lungo la rotta vero l'Europa. Durante l’audizione, l’ammiraglio Credendino ha raccontato anche delle difficoltà incontrate dai migranti nel tentativo di raggiungere le coste africane sul Mediterraneo. “Molti riescono a pagare il viaggio solo per una parte – ha affermato -, poi nelle oasi vengono usati come schiavi. Particolarmente difficile la condizione femminile. L’anno scorso, il 14 per cento erano donne. Vengono usate come schiave e loro lo sanno, tant’è che la maggior parte prende la pillola prima di iniziare questo viaggio, perché sa che verrà abusata più di una volta. Quando si fermano in queste oasi sono merce per i trafficanti. Una condizione terribile”. Non meno preoccupante la situazione dei minori non accompagnati. “L’8 per cento, lo scorso anno, erano minori non accompagnati in partenza prevalentemente da Egitto ed Eritrea – ha aggiunto Credendino -. Della metà di questi se ne perdono le tracce. Alcuni vengono avviati alla prostituzione minorile. Qualcuno sembra anche che possa essere venduto alle reti che espiantano gli organi. Ma su questo tema oggi c’è una grande attenzione dell’Unhcr e dell’Egitto, che è consapevole che la maggior parte di questi bambini parte da lì”.