Muffa e immondizia al posto del centro per migranti: il caso del Ferrhotel
L’ex Ferrhotel della stazione Tiburtina |
ROMA – Cumuli di immondizia all’ingresso, muffa alle pareti, porte e finestre del primo piano completamente murate, erbacce dappertutto. Doveva essere il primo centro di accoglienza per i migranti transitanti a Roma, pronto per far fronte all’emergenza estiva, eppure ancora oggi l’ex Ferrhotel della stazione Tiburtina si presenta in uno stato di abbandono. Lo stabile, che si trova in via Masaniello, era stato ceduto in comodato d’uso al Comune di Roma in tempo record (solo 3 giorni) da Ferrovie dello Stato dopo l’afflusso straordinario di migranti nella Capitale del giugno scorso. In quel periodo, infatti, il piazzale della stazione Tiburtina (accanto al quale sorge lo stabile) era diventato la dimora di molti profughi che passavano per Roma, si fermavano qualche giorno e poi continuavano il viaggio verso il Nord Europa. Una situazione iniziata dopo sgombero della comunità della pace di Ponte Mammolo e aggravata dalla sospensione di Schengen per il G7 in Germania. Di conseguenza anche il vicino centro Baoba di via Cupa era in grave sovraffollamento.
E così per correre ai ripari venne creata una tendopoli nello spazio antistante la stazione. Il 1 luglio, inoltre, si annunciò, con una conferenza stampa, l’avvio del progetto di riconversione dell'ex Ferrhotel in centro di accoglienza, sul modello Milano. Dopo i lavori di ristrutturazione che dovevano partire a inizio luglio, durare circa un mese e costare 150/200mila euro, per la gestione sarebbe stato pubblicato “un avviso o bando – spiegava l’ex assessora alle politiche sociali, Francesca Danese, mentre accordi con le Asl avrebbero garantito l’ assistenza sanitaria seguendo il “modello Milano di accoglienza ai migranti in transito”. “Abbiamo aderito con entusiasmo a questa richiesta aiuto, così come facciamo non solo a Roma – dichiarava l’ad di Ferrovie dello Stato Maurizio Gentile – poiché le stazioni sono un punto di attrazione del disagio sociale, un punto di transito obbligato per molti migranti e un gruppo grande a forte partecipazione pubblica non può ignorare questi fenomeni. Non si tratta tanto di emergenza ma di un sistema più strutturato di gestione dei bisogni sociali”.
Dunque, secondo quando annunciato, già ad agosto, la struttura doveva essere pronta. E poi cos’è successo? Praticamente nulla. Ad oggi, infatti, i lavori non sono mai partiti. Le porte principali sono murate, così come le finestre dei primi piani. All’entrata, da entrambi i lati, cumuli di immondizia ed erbacce. Dalle scale che danno sull’ingresso principale (oltre il quale non s i riesce ad entrare) si vedono salire macchie di muffa alle pareti. Ferrovie dello Stato fa sapere che “la struttura, una volta data in comodato d’uso, è stata gestita direttamente da Roma Capitale”, di fatto quindi dal 1 luglio non ne sanno più niente.
Nei fatti, però, il progetto si sarebbe arenato una volta arrivato all’esame della ragioneria del Comune di Roma, perché dalla stima iniziale di 150mila euro si è passati a quella, più reale, di 600mila. . L’ex assessora Danese, che ha fortemente voluto il progetto e che ci ha messo “la faccia” puntualizza a Redattore sociale: “Rispetto al Ferrhotel ho consegnato tutti gli atti e ho fatto tutti i passaggi amministrativi previsti.
La nostra idea era farlo partire in breve tempo. Toccava poi alla ragioneria autorizzare il progetto. Ma il problema è stato quello di reperire le risorse – spiega -. La legge 41/2003 della regione Lazio, infatti, impone di rispondere a una serie di requisiti che hanno fatto rapidamente lievitare i costi. Io tutto quello che potevo fare l’ho fatto, il progetto era pronto”. - “Nonostante gli sforzi fatti, i blocchi di un’amministrazione che già faticava non hanno permesso di portare a compimento una struttura ottenuta dal Comune in soli 3 giorni – aggiunge Alessandro Radicchi, responsabile di Onds (Osservatorio sul disagio nelle stazioni) – quella struttura ancora è importantissima, soprattutto ora che si avvicina l’emergenza freddo”.
Caduta la giunta capitolina, cosa ne sarà ora della struttura non si sa. Intanto in questi mesi l’accoglienza ai cosiddetti transitanti l’hanno fatta strutture come il centro Baobab di Roma. Il centro da giugno ad oggi ha accolto circa 35mila persone, fornendo kit di arrivo e di partenza, pasti caldi, coperte e vestiti, grazie a un’accoglienza dal basso che si basa sull’attivismo di un gruppo di volontari. Il Ferrothel nel frattempo resta chiuso: i suoi 1.100 metri quadri messi a disposizione dalle Ferrovie avrebbero potuto ospitare in media cento persone. A cui assicurare un tetto (le camere sono circa 50) e un pasto nello scantinato che doveva essere adibito a mensa. “Dicono che ci dovevano venire i profughi – dice passandoci accanto un addetto delle Fs – . Bisogna vedere se riescono a oltrepassare la porta murata”. (ec)