Mustafa, la traversata in mare e poi l’affetto di una famiglia affidataria
PALERMO - Un'accoglienza generosa e semplice, piena di azioni significative. E’ quella operata dalla famiglia Mineo, affidataria del giovane egiziano Mustafa. "Lo abbiamo avuto a 15 anni - dicono sorridenti Rosa Guzzetta e Mario Mineo - ma adesso che è maggiorenne continuiamo ad accompagnarlo".
Nel 2014 la famiglia, che ha già tre figli, ha deciso di diventare una famiglia affidataria. Oggi, Mustafa frequenta il terzo anno dell'istituto alberghiero e da quando ha compiuto 18 anni lavora come operatore in una delle comunità per anziani gestita dalla famiglia.
Si sente molto fortunato e contento. "Dopo avere visto in televisione alcune drammatiche immagini di un naufragio nel canale di Sicilia in cui morirono parecchi minori e donne - racconta Rosa -, rispondendo all'appello che si faceva di aiutare i minori, ci siamo chiesti con mio marito se potevamo fare qualcosa. Inizialmente volevamo prendere con noi un bambino più piccolo ma poi ci è stato proposto Mustafa. Prima di fare questa scelta ne abbiamo parlato in famiglia, considerato che anche Andrea, il nostro terzo figlio più piccolo, era adolescente. Dopo avere incontrato il piccolo Mustafa ci siamo sentiti fortemente incoraggiati a fare questo passo".
"Prima di procedere ad un affido abbiamo incontrato un paio di volte il ragazzo - racconta Mario -. Poco dopo abbiamo deciso di accoglierlo nella nostra famiglia. C'era in noi il desiderio forte di metterci in gioco. Abbiamo iniziato a prenderlo dalla comunità i fine settimana per un paio di ore. Dopo un certo tempo, invece, lo abbiamo avuto a casa per una settimana. Essendo la vita in una comunità diversa, tra noi e Mustafa è stato raggiunto a poco a poco quel rispetto reciproco dei ruoli che ha dato equilibrio a tutte le relazioni familiari".
In questo caso è stato fatto un affidamento amministrativo della durata di due anni fra il tutore del minore straniero, la famiglia Mineo ed il minore. Da parte degli uffici viene stilato un progetto personale sul minore che, nel caso di Mustafa, ha avuto come obiettivo la piena integrazione sociale del giovane immigrato attraverso gli studi e un futuro di autonomia lavorativa.
Il ragazzo, che a dicembre compie 19 anni, è arrivato dall'Egitto nel 2012 prima a Lampedusa e poi a Palermo. A Palermo è stato accolto nella comunità per minori 'La lucerna' per due anni. In Egitto, il giovane, orfano di padre, ha lasciato la madre e 8 tra fratelli e sorelle. "Non sono stato costretto da nessuno a lasciare il mio Paese. La scelta di andare via è stata solo mia perché dettata dal desiderio di avere una vita ed un futuro diverso - racconta -. Sono arrivato a Lampedusa dopo 13 giorni di navigazione in una barca di legno, che per 3 giorni era entrata in avaria, insieme ad altri 200 immigrati. Mi sento fortunato ad essere arrivato sano e salvo".
"Il primo anno in comunità ricordo che non andò molto bene perché non conoscevo la lingua italiana e poi mi mancava molto la mia famiglia - continua Mustafa -. A poco a poco mi sono poi ambientato. Vivere in comunità non è però come stare in una famiglia. Appena ho conosciuto loro mi si è aperto un mondo perché ero contento di potere respirare una dimensione familiare di serenità. All'inizio qualche difficoltà c'è stata anche perché mi trovavo dentro una famiglia le cui relazioni andavano rispettate. Loro mi hanno aiutato tanto, continuano a farlo e li ringrazio molto per tutto quello che mi stanno insegnando".
"Dopo sei anni, grazie a loro, dopo avere compiuto 18 anni, sono tornato in Egitto per rincontrare la mia famiglia ed è stato molto bello - aggiunge -. La mia scelta però è stata quella di ritornare a Palermo perché è in questa città che vedo il mio futuro e la possibilità di crescere meglio rispetto a certe restrizioni che ci sono nel mio Paese. Oggi, oltre a studiare, lavoro con gli anziani che sono a volte come i bambini perché vanno aiutati e capiti. Il mio desiderio è quello di studiare per diventare un cuoco professionista".
E' stato anche importante allacciare i rapporti con la famiglia di Mustafa in Egitto. "Quando si stabilì da noi, abbiamo contattato la madre ed i suoi fratelli in Egitto - racconta Mario Mineo -. Con loro ci siamo conosciuti via skype ed è stato un momento emozionante per tutti in cui la mamma di Mustafa ha capito l'importanza di questo sostegno affettivo. L'abbiamo anche rassicurata soprattutto sul fatto che non intendevamo sostituirci al suo ruolo di madre".
A parlare è anche Andrea, 20 anni, il figlio adolescente che ha condiviso la sua stanza con Mustafa. "Prima che arrivasse, essendosi sposati i miei fratelli, ero rimasto solo in casa - racconta -. I miei genitori mi chiesero cosa ne pensassi della possibilità di avere Mustafa e io risposi loro che volevo provare. E' successo tutto gradualmente: a volte siamo andati a pescare insieme, gli ho fatto conoscere i miei amici fino a quando Mustafa si è stabilito a casa nostra e io ho diviso la mia stanza con lui. Non sono mancati i piccoli litigi, tutti finalizzati a potere raggiungere naturalmente un equilibrio tra noi due. E' una bella esperienza che adesso sta continuando anche se lui ormai vive in una casa sua".
Da qualche tempo, infatti, la famiglia Mineo ha preso a Mustafa una stanza in una casa che lui condivide con altri ragazzi: un modo per diventare più autonomo e responsabile considerato che la mattina continua da andare a scuola ma il pomeriggio lavora come dipendente in una delle comunità per anziani della famiglia. "Lo seguiamo lo stesso ed è sempre con noi ma adesso che lavora con regolare contratto, è giusto che inizi un percorso diverso. Per noi che siamo cristiani evangelici, è stata finora una avventura significativa piena di tanto affetto - dice commosso Mario Mineo -. La famiglia non deve chiudersi ma essere sempre accogliente ed aperta, superando paure e chiusure di ogni tipo. Più famiglie affidatarie ci saranno maggiore sarà, pietra su pietra, il fabbricato di solidarietà che insieme saremo in grado di costruire". (set)