6 febbraio 2014 ore: 12:07
Società

Mutilazioni genitali, 30 milioni a rischio nel mondo. In Italia 39 mila vittime

Oggi la Giornata contro l’infibulazione e le mutilazioni genitali femminili: 140 milioni di donne e bambine colpite. Africa in testa, ma il fenomeno riguarda anche le comunità immigrate in Europa. Unicef Italia: “Fare di più”. Da Plan Italia petizione al governo italiano
Giovanni Marrozzini Mutilazioni genitali: Eve. Bambina con gli occhi coperti da mani (Marrozzini 8)

Foto di Giovanni Marrozzini

ROMA – Sono più di 125 milioni, e c’è chi arriva a stimare una popolazione di 140 milioni, le donne e le bambine che hanno subito una mutilazione genitale: la gran parte di queste si trovano in Africa, una su cinque è in Egitto, che insieme a Eritrea, Mali, Sierra Leone e nel nord del Sudan sono gli stati in cui il fenomeno tocca quasi la totalità della popolazione femminile (più dell’80%). Oggi, 6 febbraio, si celebra nel mondo la Giornata Internazionale contro l’infibulazione e le mutilazioni genitali femminili (Mgf), per ricordare il problema e compiere passi avanti per la cancellazione di tale pratica.

Sono 30 milioni le bambine a rischio di mutilazione nei prossimi dieci anni nel mondo, ma questo non è solo un problema di alcuni paesi, perché – come fa notare Plan Italia – “si riflette anche sulla nostra società se si considera che ne sono vittime, silenziose, le bambine e le donne di immigrati che vivono” anche nei paesi dell’Occidente. Si parla di decine di migliaia di minori sottoposte alle Mgf anche in Europa.
In Italia le stime più recenti parlano di circa 39 mila donne e ragazze che hanno subito una qualche forma di mutilazione dei genitali femminili. Le stime sono a cura dell'Istituto Piepoli per il Dipartimento pari opportunità.

boxL’associazione rilancia anche quest’anno, come quello passato, una petizione con cui si chiede che l’attuale governo si impegni ad affrontare la sfida della riduzione ed eliminazione delle Mgf in Italia e in tutti i paesi in cui esse vengono ancora praticate mediante un'intensa azione di pressione che porti a sanzioni per chi continuerà a praticarle, assistenza sanitaria gratuita alle bambine e alle donne che soffrono per le complicanze e infine che favorisca la diffusione di informazioni sul tema insieme alla condivisione di esperienze che dimostrano l’efficacia del rapido abbandono delle Mgf. “Nelle comunità dove lavoriamo e dove sono praticate le mutilazioni genitali femminili – spiega Tiziana Fattori, direttore nazionale di Plan Italia – stiamo attivamente perseguendo il loro abbandono instaurando dialoghi costruttivi che inneschino cambiamenti volontari nelle norme sociali e nei comportamenti delle comunità stesse. Ma questo non basta, è necessario raggiungere con la nostra petizione 5000 firme e spronare la classe politica a scendere in campo”.

A livello internazionale – spiega ancora Plan Italia - un numero crescente di paesi sta promuovendo iniziative per far comprendere le gravi implicazioni di natura fisica, psicologica e sociale che le mutilazioni genitali causano. Sui 28 stati dove sono praticate, 19 (tra cui Sud Africa e Zimbabwe) hanno leggi federali che le vietano, seppur con modalità differenti. In Etiopia, ad esempio, il reato è materia di diritto penale, in altri come Benin ed Eritrea è stata promulgata una legge ad hoc, in altri ancora, come in Tanzania, si prevedono sanzioni penali che vanno dal carcere a multe. Nella realtà, però, i provvedimenti intrapresi sono rari, anche perché le comunità e le autorità che dovrebbero condannare questa pratica ne sono indifferenti. E del resto le vittime sono restie a testimoniare. Il risultato finale, secondo Plan Italia, è che senza la necessaria consapevolezza da parte della comunità, le Mgf continueranno a essere praticate indisturbate nella clandestinità.

E’ vero che gli aspetti positivi rispetto al passato non mancano. Secondo l’Unicef, oggi le bambine hanno meno probabilità di subire questa pratica rispetto alle loro madri. In Kenya e in Tanzania le ragazze tra i 15 e i 19 anni hanno tre probabilità in meno di essere mutilate rispetto alle donne tra i 45 e i 49 anni. La prevalenza, inoltre, è scesa di ben quasi la metà tra le adolescenti in Benin, Repubblica Centrafricana, Iraq, Liberia e Nigeria. In questo l'istruzione – spiega l’agenzia Onu per i minori - può giocare un ruolo fondamentale nel favorire i cambiamenti sociali; più le madri sono istruite, minori sono i rischi che le loro figlie vengano mutilate e più le ragazze frequentano la scuola, più possono confrontarsi con altre persone che rifiutano tale pratica”.

"Le mutilazioni genitali femminili – dice il presidente Unicef Italia Giacomo Guerrera - sono una violazione dei diritti alla salute, al benessere e all’autodeterminazione di ogni bambina: le legislazioni da sole non bastano, la sfida, cui stiamo andando incontro, è di lasciare che bambine e donne, ragazzi e uomini levino la loro voce e affermino con chiarezza di rifiutare una pratica dannosa come questa". Per questo “non sono necessarie solo le legislazioni, ma che tutti gli attori, governi, Ong e comunità promuovano un cambiamento sociale positivo attraverso programmi e politiche mirate all’eliminazione delle mutilazioni come a tutte le altre forme di violenza contro i bambini, direttamente o indirettamente legate a norme sociali”. “Ci sono, però, ancora alcuni paesi come Camerun, Gambia, Liberia, Mali e Sierra Leone – conclude il presidente Unicef Italia - che non hanno una legislazione in merito: in questi paesi l’Unicef è particolarmente impegnato con i governi -anche fornendo supporto tecnico- per promuovere leggi in materia”.

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