4 febbraio 2015 ore: 14:47
Salute

Mutilazioni genitali femminili: Amref lancia i riti di passaggio alternativi

Grazia alla rinuncia di otto comunità Masai in Kenia e in Tanzania, 4 mila le ragazze che avrebbero evitato il “taglio”. La testimonianza di Tommy Simmons, fondatore di Amref Health Africa–Italia
Giovanni Marrozzini Mutilazioni genitali: Eve. Mani di anziana con lametta (Marrozzini 4)

Foto di Giovanni Marrozzini

ROMA - Si chiama “rito di passaggio alternativo” la risposta dell’Amref alle mutilazioni genitali femminili, pratica messa al bando dall’Onu nel 2012 ma che, secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità, ancora oggi nel mondo riguarda 100 milioni di donne già mutilate e 3 milioni di bambine a rischio ogni anno. In occasione della Giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili, che si terrà il prossimo venerdì 6 febbraio, l’Amref, che da anni lavora contro questa drammatica pratica, fa sapere che attraverso i riti di passaggio alternativi alle mutilazioni è riuscita a invertire il destino di tante donne. Infatti, grazie all’impegno di Amref Health Africa per l’introduzione dei riti di passaggio alternativi presso diverse comunità Masai in Kenya e in Tanzania, ad oggi oltre 4mila ragazze avrebbero evitato la mutilazione genitale. È potuto avvenire per via della “rinuncia al rito di otto comunità locali e al sostegno formale di oltre 350 leader locali che hanno denunciato pubblicamente una tradizione – ha spiegato Tommy Simmons, fondatore di Amref Health Africa–Italia –  che oltre a ledere terribilmente le singole ragazze rappresenta un freno per la crescita di tutta la comunità per via del perdurare dell’analfabetismo e gli alti tassi di mortalità materna in parte dovuti anche al gran numero di matrimoni e di gravidanze molto, molto precoci”.

“Oggi in Africa, dove ha luogo il maggior numero di mutilazioni genitali femminili, oltre 90 milioni di ragazze e donne convivono con le loro conseguenze fisiche e sociali – prosegue Simmons –. Ogni anno altri 3 milioni di ragazze vanno ad aggiungersi a questa schiera. Complessivamente il fenomeno per fortuna è in calo ma in molte comunità, o etnie, in particolare tra le tribù nomadiche o semi-nomadiche dedite alla pastorizia, le mutilazioni genitali femminili continuano ad avere un effetto devastante sul corpo, sui diritti e sul resto della vita di troppe ragazze”.

Nonostante molti paesi abbiano formalmente proibito “il taglio” delle ragazze, le mutilazioni genitali femminili vengono fortemente sostenute sia dagli uomini che dalle donne come momenti di passaggio alla maturità delle ragazze, in grado di dare un senso di orgoglio e di piena partecipazione adulta alla  società. “In realtà – chiarisce il fondatore di Amref Health Africa–Italia – questo rito di passaggio nell’immediato causa una ferita dolorosa e insanabile nel corpo delle ragazze, spesso provocando altre ripetute e gravi conseguenze negli anni, con ogni gravidanza e parto, e nei fatti le rende elegibili al matrimonio a una giovane età, creando la percezione dell’inutilità della loro educazione e della possibilità di mirare ad un futuro diverso da quello delle proprie madri. Il ‘taglio’ – sottolinea – oltre a mutilare il corpo delle ragazze mutila anche le loro aspirazioni e la possibilità di partecipare in modo paritario e costruttivo alla crescita della loro società”.

Partendo dalla consapevolezza di quanto questa pratica sia radicata nelle culture locali, l’Amref ha dunque scelto di lavorare con le etnie dove la tradizione è più radicata, identificando insieme a loro riti di passaggio alternativi che permettano il formale rispetto delle tradizioni. Solo un atto formale può “sancire il passaggio alla maturità dei giovani – precisa il fondatore di Amref Health Africa–Italia –  così come avviene nelle società cattoliche con comunione e cresima o quelle ebraiche con la bar mitzvah, eliminando del tutto la violenza del ‘taglio’. L’alternativa ai singoli elementi dei riti tradizionali può essere sviluppata e consolidata solo grazie all’apporto di una leadership locale più illuminata”.

“Anno dopo anno – spiega ancora –  i riti alternativi si stanno diffondendo tra la più ampia comunità Masai, seppure con forti resistenze, in particolare nelle zone più marginali e con meno strutture scolastiche e religiose, ma laddove vengono praticati, in un breve periodo i riti alternativi hanno portato a un marcato incremento della frequenza della scuola primaria e della scuola secondaria da parte delle ragazze locali, segnando così un visibile calo nel numero di matrimoni delle giovani e un incremento nei tassi di alfabetizzazione e di crescita sociale e di speranza delle ragazze”. (ap)

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