Mutilazioni genitali, in Italia 39 mila le donne che le hanno subite
"Rose" (Contro mutilazioni genitali femminili). Svezia, Agenzia Publicis Stockholm per Amnesty International - Archivio Internazionale della Pubblicità Sociale Society&Social/Cesvot
"Rose" (Contro mutilazioni genitali femminili). Svezia, Agenzia Publicis Stockholm per Amnesty International - Archivio Internazionale della Pubblicità Sociale Society&Social/Cesvot |
Roma - Una pratica ancora troppo spaventosamente diffusa. Secondo l'ultimo rapporto dell'Oms (2014) sono tra i 140 e i 150 milioni le bambine e le donne sottoposte nel mondo a qualche forma di mutilazione genitale femminile (Mgf), in gran parte concentrate in 29 Paesi. E nei prossimi dieci anni, fa sapere ancora l'Organizzazione mondiale della sanita', altre 30 milioni saranno a rischio infibulazione. Di questo si e' discusso nel corso del seminario 'Protagoniste del proprio corpo e del proprio futuro: la lotta alle mgf', organizzato oggi - in occasione della XII Giornata mondiale contro le mutilazioni - dall'Istituto mediterraneo di Ematologia (Ime). All'evento, che si e' svolto presso l'auditorium del ministero della Salute, hanno partecipato, tra gli altri: il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, Fabiola Anitori, membro della commissione Igiene e Sanita' al Senato, Aldo Morrone, presidente dell'Ime.
"Le mutilazioni genitali femminili- sottolineano gli esperti nel corso del seminario- vengono praticate principalmente su bambine tra i 4 e i 14 anni, ma l'eta' puo' essere ancora piu' bassa: in alcuni Paesi vengono operate a un anno di vita o persino neonate di pochi giorni". Intanto, secondo il Parlamento europeo, "il numero di donne provenienti da Paesi a forte tradizione escissoria, gia' sottoposte a una forma di mutilazione, si aggira intorno alle 500 mila unita', mentre sarebbero 180 mila le bambine a rischio di subire la pratica ogni anno nel nostro continente". -
La pratica della mutilazione genitale femminile (Mgf), benche' diffusa soprattutto in Africa, e' estesa anche in Medio Oriente, nei Paesi asiatici e in alcune regioni dell'India. Ma non solo: "Il fenomeno- sottolinea il presidente dell'Ime Aldo Morrone- presenta dimensioni significative anche in Europa e in Italia. Si stima infatti che nel nostro Paese siano circa 39 mila le donne sottoposte a una qualche forma di mutilazione nei loro Paesi di origine". Oltre alle mutilazioni genitali, in questo ambito, vanno registrati anche fenomeni come gravidanze e aborti in eta' adolescenziale, matrimoni forzati, aborti selettivi, infanticidi femminili, sottoalimentazione e dispersione scolastica.
Negli ultimi anni, tuttavia, i dati segnalano una significativa decrescita del fenomeno soprattutto nei Paesi dove si e' investito su istruzione e formazione. Come dimostra uno studio pubblicato nel 2014 all'interno del libro 'Salute e societa' - L'ospedale San Camillo Forlanini: prospettive e opportunita'', a cura dello stesso Morrone, esiste infatti "una netta correlazione tra bassa eta' delle donne che partoriscono, grado di istruzione e paese di provenienza. Le donne provenienti da Paesi a forte pressione migratoria, presentano un'eta' mediana al primo parto, nettamente inferiore di quelle italiane o europee comunitarie".
È proprio per questo, dunque, che la via per il contrasto alle pratiche che mettono in pericolo la salute femminile "deve passare attraverso politiche d'integrazione efficaci- conclude Morrone- quali alfabetizzazione, inserimento scolastico di tutti i bambini immigrati, di prima e seconda generazione, e costruzione di una cultura del rispetto, oltre che di salute pubblica". (DIRE)