Nasce il magazine “Riiks”, giornalismo e arte per raccontare le migrazioni
Una rivista che unisca giornalismo e arte, che parli di rifugiati e migrazioni in modo nuovo, più umano e sensibile. Una rivista che racconti i corpi in movimento e spostamento forzato: l’idea è di Isabel Cuesta, giornalista e coreografa colombiana che, per realizzare il suo progetto, ha chiesto aiuto a giornalisti, artisti, musicisti, ballerine, disegnatori, fumettisti di tutto il mondo, tra italiani, tedeschi e americani. Perché alla rigorosa ricerca giornalistica, necessariamente di qualità, si affianchi un aspetto artistico più “umanitario”, come Isabel ripete più volte al telefono, “con l’obiettivo di ampliare la coscienza del lettore. Equipareremo i nostri lettori a passeggeri in movimento attraverso lo spazio e il tempo, ciascuno con un proprio percorso individuale, ma anche membro di una più ampia condizione collettiva umana”.
La scelta di puntare sul connubio arte-giornalismo, spiega, è dettata dalle diverse ma complementari potenzialità: “Il giornalismo, con la potenza del suo sguardo vigile e attento verso queste tematiche fa emergere le storie di corruzione, ingiustizia, oppressione sociale e abuso. L’arte rende visibili le questioni del cuore e dello spirito, sensibilizzando la nostra percezione e la nostra coscienza. Vogliamo creare un ponte tra questi due universi”. La rivista si chiamerà “Riiks”, sarà mensile e solo online (“la carta invecchia alla svelta”, spiega Isabel). “Riiks” è l’acronimo di Ripples in the fabric of space-time, “increspature nella struttura dello spazio tempo”. Si articolerà in due modi: mediante reportages, articoli e cronaca, nonché mediante opere di danza-teatro realizzato e montate in video, comics, video innovativi, fotografia concettuale. La rivista sarà tradotta in inglese, tedesco, spagnolo e italiano. “Ma non saremo solo online: saremo anche live, grazie a performance e reading”.
Secondo la coreografa – firma per anni di El Paìs, oggi giornalista freelance – le immagini, spesso, possono raccontare molto di più rispetto a un testo scritto. “Una fotografia artistica, un video come quelli che stiamo girando con Pietro Floridia, direttore artistico della compagnia bolognese Cantieri Meticci, raccontano tanto, e lo fanno in maniera diversa. Facciamo vivere storie di rifugiati, di persone costrette a fuggire. E se oggi tutto questo capita a loro, non dobbiamo dimenticare che la stessa cosa è capitata ai nostri antenati. Noi interpretiamo la migrazione come la storia incessante della nostra specie”. Come ricorda Isabel, da sempre intere popolazioni sono state costrette a emigrare a causa di guerre, persecuzioni politiche o religiose, povertà o cambiamento climatico. “La migrazione è un problema emotivo che solleva interrogativi sull’identità individuale e collettiva, che coinvolge intere comunità e culture in modo permanente. Dove esiste movimento esiste una trasformazione, e ogni nostro passo genera un’eco che risuona nel tempo e nello spazio”. (Ambra Notari)