Natale in Europa. Profughi siriani in viaggio (sicuro) verso il Belgio
ROMA – Sono arrivati a Bruxelles, all'aeroporto. In tutta sicurezza, con un volo proveniente dal Libano. Si tratta di due famiglie di profughi siriani, le prime di un gruppo che arriverà scaglionato nei prossimi mesi, accolto in Belgio sulla base dell'accordo firmato fra il governo belga e la comunità di Sant'Egidio, con la collaborazione di tutte le confessioni religiose riconosciute dal paese. Il Belgio è così il terzo paese, dopo Italia e Francia, ad aderire ai “corridoi umanitari”, l'iniziativa sviluppata a partire dal dicembre 2015 e che prevede l'arrivo sicuro e organizzato di circa 3 mila profughi, mille dei quali effettivamente già arrivati nei due paesi. “Un'iniziativa – affermano dalla Comunità di Sant'Egidio – ormai diventata un modello europeo, capace di aprire nuove vie per l’accoglienza e l’integrazione e di offrire soluzioni concrete per la gestione di un fenomeno così complesso come quello dell’immigrazione”.
Le due famiglie sono atterrate all'aeroporto di Bruxelles - Zaventem qualche giorno prima di Natale, ad un mese esatto di distanza dalla firma dell'accordo quadro fra Sant'Egidio e il Segretario di Stato per l'asilo e la migrazione Theo Francken. Ad accoglierli all'aeroporto c'erano il presidente di Sant'Egidio Belgio Hilde Kieboom, con i rappresentanti delle varie confessioni religiose: il vescovo cattolico di Liegi mons. Jean-Pierre Delville, il metropolita della Chiesa ortodossa Athenagoras Peckstadt, il presidente dell'esecutivo musulmano in Belgio Salah Echallaoui e l'esponente della Chiesa protestante unita del Belgio, Steven Fuite.
Le prime due famiglie a ricevere un visto umanitario provengono dal Libano, dove erano riparate dopo aver lasciato la Siria, paese nel quale non possono tornare. In Belgio hanno presentato domanda di asilo e vivranno accolte da una comunità protestante e da una cattolica, una in Vallonia e l'altra nelle Fiandre. "È una piccola, ma significativa storia di Natale contemporanea, nel mezzo di un mondo in cui tanti cercano protezione", ha affermato la responsabile di Sant'Egidio in Belgio, Hilde Kieboom. "Per queste famiglie in fuga c'è spazio nell'albergo”, dice riferendosi al passo evangelico secondo il quale Maria partorì Gesù in una stalla perché non vi era altro posto per lei e Giuseppe in quel di Betlemme. “Questo – ha continuato - è un segnale che le nostre società possono fare di più in termini di ospitalità e che le persone comuni possono fare la differenza ".
In totale saranno 150 i rifugiati siriani che arriveranno in questo modo nei prossimi mesi: persone scelte sulla base della loro vulnerabilità: si tratta di famiglie con bambini, vittime di una delle parti della guerra civile siriana, di persone con problemi medici speciali, malati o disabili. Nella decisione si tiene conto anche dell'appartenenza ad una minoranza etnica o culturale, e alla presenza di eventuali legami con il Belgio. Sono le confessioni religiose riconosciute ufficialmente dallo Stato belga ad essere le responsabili dell'accoglienza dei rifugiati, che vengono assistiti nell'iter della procedura di asilo. La loro permanenza in Belgio non è quindi a spese del governo. Le organizzazioni religiose aiuteranno le persone accolte e il loro processo di integrazione nel paese anche dopo che sarà stato concesso lo status di rifugiato.
Come detto le 150 persone, in arrivo nei prossimi mesi in Belgio vanno ad aggiungersi alle 3.000 stabilite in due anni da diversi accordi, che Sant’Egidio ha condiviso in Italia con la Fcei e la Tavola Valdese (mille i profughi già arrivati) e con la Cei (il primo gruppo è giunto dall’Etiopia a novembre), e in Francia con le locali associazioni cattoliche e le Chiese protestanti. Anche qui – specifica Sant'Egidio - “si tratta di progetti autofinanziati che mettono in risalto una felice sinergia tra Stati europei e società civile”. Del resto, i corridoi umanitari – dice la Comunità - hanno anche aiutato l’opinione pubblica ad avere una percezione diversa del fenomeno immigrazione perché coniugano la presenza di progetti di integrazione con la sicurezza (sia per chi parte, che non rischia la vita affidandosi a trafficanti senza scrupoli, sia per chi accoglie, che già conosce la storia di chi arriva).