Nave Diciotti, l’operatrice a bordo: “Morale a terra, persone stanche"
ROMA - Gli ortodossi pregano dopo cena, i musulmani al tramonto. Ma spesso ci si raccoglie in disparte anche durante il giorno, per darsi conforto. Dopo una settimana di stallo il morale sulla Diciotti è a terra. Lo racconta Federica Monsanti, operatrice di Intersos e Unicef a bordo della nave della Guardia costiera insieme ai 150 migranti a cui non è ancora consentito di sbarcare. “Non capiscono cosa accade, non sappiamo come spiegarglielo perché non lo capiamo bene neanche noi - dice raggiunta al telefono da Redattore sociale -. Gli abbiamo solo detto che manca l’autorizzazione allo sbarco, ma sono disorientati e tristi, molto stanchi e psicologicamente provati. Malgrado tutto, però, stanno dimostrando una forza e una capacità di resilienza senza pari”.
Monsanto che è a bordo dal giorno del trasbordo, il 16 agosto scorso, spiega che in questa settimana gli alti e bassi sono stati tanti. Dall’iniziale entusiasmo di essere stati salvati fino allo sgomento dei giorni di stallo e l’incomprensione del fermo sulla nave. “Fisicamente stanno abbastanza bene, ci sono dei casi di scabbia che vengono trattati, mentre i casi più gravi sono già stati affrontati - spiega -. Ora c’è solo tristezza, non fanno più domande. Ieri sera sono scesi i minori ora aspettano il loro turno, ma alcuni non ce la fanno più”.
I 150 migranti ancora sulla nave hanno tra i 18 e i 40 anni e ci sono anche alcune donne. Tutti provengono dall’area del Corno d’Africa. “Chiediamo che lo sbarco avvenga il prima possibile e che vengano rispettate le normative sul diritto internazionale - aggiunge - a tutti deve essere permesso di fare domanda d’asilo, nessuno è per definizione illegale”.
Monsanto spiega che la situazione è nuova anche per gli uomini della Guardia costiera che finora hanno fatto di tutto per mantenere la situazione a bordo tranquilla. “Il capitano ha fatto di tutto per venire incontro alle esigenze di ciascuno. Ma è un’impasse a cui nessuno di noi è abituato - afferma - è un anno che faccio questo tipo di missioni. Mi sono trovata anche in situazioni più critiche, con numeri di persone a bordo molto alti, ma questa è in assoluto la più difficile da gestire. Non sappiamo nulla, molte cose le apprendiamo anche noi dai social network”. (ec)