15 novembre 2013 ore: 15:11
Economia

Nel garage di Saloua e Kamal: "Senza social card non ce la possiamo fare"

I due coniugi marocchini, in Italia dal 2002, hanno due bambini e sono stati sfrattati. Guadagnano se va bene 700 euro al mese ma per vivere dignitosamente ne servirebbero 1.200. Hanno diritto alla nuova social card, sapranno a dicembre se gli verrà concessa
Povertà, uomo con in mano monetine

MILANO - Entrando nella stanza si percepisce un’atmosfera di precarietà. Eppure è un posto ordinato e gli scatoloni e le valigie si nascondono allo sguardo sopra i mobili, ma tutto ha un aspetto così temporaneo che non ci si leva la sensazione iniziale: le pareti bianche e la spesa impilata in un angolo, quasi a voler dare un’idea di casa, in un posto che casa non è. Saloua è stata sfrattata con la sua famiglia cinque mesi fa, dopo undici anni che era in via Boltraffio a Milano. Da allora lei, il marito e due bambini sono ospitati in un bilocale della Casa della carità e aspettano di entrare in una casa popolare. A causa dello sfratto, fanno parte delle situazioni di emergenza: la loro abitazione verrà assegnata al di fuori della graduatoria di Aler.

boxLa storia di Saloua in Italia è iniziata nel 2002 quando si è trasferita qui dal Marocco, lei e suo marito Kamal oggi hanno due bambini di cinque e otto anni. “A volte sono tristi – mi spiega – lo vedo dai loro occhi, mancano loro i giocattoli, la bicicletta: tutto questo insieme ai nostri mobili della vecchia casa è rimasto in un magazzino, qui non c’è abbastanza posto. Per il garage paghiamo 150 euro al mese”. E qui comincia l’elenco delle spese che sembra non finire mai: l’affitto che arriva a 1.000 euro con luce e gas, poi le spese condominiali, i generi alimentari (30 euro alla settimana), senza contare il materiale scolastico per i bambini. “Di vestiti non ne compriamo e per fortuna riceviamo la dote scuola – continua Saloua -. Ma per vivere dignitosamente ci servirebbero almeno 1.200 euro al mese, ora mio marito Kamal ne guadagna poco più di 700, quando va bene”. Idraulico, elettricista, uomo delle pulizie se necessario. Da luglio la piccola ditta per cui lavorava non lo chiama più tutti i giorni, ora si arrangia come può.

Vista la situazione, precaria da sempre, nel 2009 la famiglia aveva ottenuto la social card (erogata a livello nazionale per i generi di prima necessità delle famiglie con ISEE inferiore o uguale ai 3mila euro, ndr) ma solo per un mese, poi gli è stata ritirata perché non sono italiani. “A luglio abbiamo fatto richiesta di nuovo – mi racconta Sara - la prima volta potevo usarla per pagare le bollette o la spesa, ma solo nei supermercati convenzionati, nei discount no. Ricevere la social card è solo un piccolo aiuto economico, ma per me vorrebbe dire tanto, mi serve per comprare latte, olio, caffè e pane. E poi mi darebbe la sicurezza economica di poter comprare da mangiare per i bambini ogni mese”. Ora la famiglia è in attesa di una risposta. “La domanda è stata inoltrata, se ne riparla a dicembre” hanno detto dagli uffici comunali. Allora si saprà se la sua famiglia è rientrata nella sperimentazione di questa misura contro la povertà estrema che sta partendo nelle 12 città italiane più grandi.

Nel frattempo Saloua cerca un impiego come estetista o assistente familiare, e studia da quattro anni l’italiano. “Il lavoro, come dice mio marito, non bussa alla porta – racconta -, per questo vado ogni giorno in giro a presentare il mio curriculum e a fare colloqui, ma non ho ancora trovato niente. In Marocco ho studiato per due anni economia all’Università. Ma qui va bene qualunque lavoro”. Basta non stare a casa, con le mani in mano, ad aspettare un destino che non sorride mai. O almeno non ancora. (Marcella Vezzoli)

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