Nel Lazio 402 detenute: il 17,6% della popolazione carceraria femminile italiana
Roma - Nel Lazio ci sono 402 detenute, il 6,4% dell'intera popolazione carceraria, percentuale piu' alta d'Italia, dove la media e' del 4,2%. Nelle Case circondariali di Rebibbia, Civitavecchia e Latina e nella Casa di reclusione di Paliano si trova il 17,6% della popolazione carceraria femminile italiana.
Sono alcuni dei dati realizzati ed elaborati dalla Uil di Roma e del Lazio in collaborazione con l'istituto di ricerca Eures, relativamente alla situazione carceraria delle detenute della regione e resi noti oggi in occasione del convegno "Vite in sospeso" organizzato dalla Uil all'interno del carcere di Rebibbia. Presenti all'iniziativa oltre al segretario generale della Uil Carmelo Barbagallo, i vertici regionali del sindacato e l'assessore regionali alle Politiche sociali del Lazio Rita Visini. La giornata e' stata aperta dalla relazione del segretario di Roma e Lazio della Uil Laura Latini che ha puntato sul progetto volto a raccontare l'importanza del lavoro delle donne in carcere, agenti e detenute, con lo scopo di evidenziarne il valore di socializzazione e reinserimento.
L'evento e' stato anche l'occasione per dipingere un quadro aggiornato del sistema carcerario femminile regionale. Il Lazio e' una regione dove la meta' delle detenute sono straniere, 203 contro le 199 italiane. Un dato fortemente in crescita dal 2012, quando rappresentavano il 44% del totale, a oggi in cui la percentuale di presenze e' salita al 50,5%. Di queste, nel Lazio, a differenza del resto d'Italia, la maggior parte proviene da Paesi della Comunita' europea (37,9%), segue poi un 27% proveniente dall'ex Jugoslavia e dall'Albania e un 30% equamente suddiviso tra Africa e SudAmerica. Nel resto d'Italia, invece, la presenza di detenute africane e' nettamente superiore (25,2%).
Diversa anche l'eta' anagrafica: nel Lazio vi e' una componente piu' giovane rispetto al resto del Paese, anche se sono le fasce di eta' centrali, ovvero 30-39 e 40-49, a raccogliere le presenze piu' numerose. Negli ultimi anni pero' e' solo la componente piu' anziana a registrare un risultato in crescita, con un incremento di circa il 18% delle over 50.
Stabile il numero delle detenute donne nubili e coniugate presenti all'interno delle strutture carcerarie (28%). Molto piu' contenute le presenze di divorziate (4,9%) e vedove (5,1%). Particolarmente elevato invece il numero delle donne con figli, che nel Lazio risultano essere 291, pari al 72,4% delle detenute censite, con una media di 2,9 figli a testa, un valore superiore al doppio di quello della fecondita' media della popolazione. Undici di questi bambini sono attualmente ospitati con le rispettive mamme all'interno della casa circondariale di Rebibbia, l'unica sul territorio regionale a essere dotata di un asilo nido. Tra le donne detenute del Lazio, un numero molto alto, che nell'ultimo quinquennio varia tra il 16 e il 19,4%, e' quello donne appellanti o ricorrenti, quindi in attesa ancora di una pena definitiva.
"Elemento fondamentale nei vari percorsi di reinserimento diventa il lavoro, strumento di autosufficienza economica ma anche di integrazione e riconoscimento sociale.- sottolinea la Uil, che aggiunge- Il lavoro in carcere diviene cosi' un primo step di un percorso piu' lungo, ma osservando i dati si nota come questo rappresenti un'esperienza minoritaria nella maggior parte delle realta' carcerarie italiane". Da questo punto di vista il Lazio con il 41,3% di detenute lavoranti si posiziona al settimo posto con una maggioranza femminile di lavoranti in carcere. Dato virtuoso quest'ultimo che porta le detenute della regione ad avere il doppio delle opportunita' lavorative rispetto ai detenuti uomini. È la stessa amministrazione penitenziaria ad offrire la quasi totalita' delle occasioni di lavoro, a fronte di valori minimi per gli altri "datori di lavoro", anche se nel 2016 e' stato raggiunto il numero piu' elevato finora di lavoratrici non dipendenti dall'amministrazione penitenziaria: ben l'11,4% contro il 4-5% degli anni precedenti.
"Cio' evidenzia un forte impegno dell'Amministrazione in una direzione che produce maggiori speranze di continuita' lavorativa una volta riacquistata la liberta'- ha spiegato la segretaria regionale Uil Laura Latini- e si traduce quindi in maggiori possibilita' di reinserimento sociale, fondamentale nell'intraprendere un percorso di vita lontano dai reati. Ovvio che il lavoro in esterno, cosi' come i vari laboratori giustamente presenti in molte strutture carcerarie, implicano anche una maggiore sorveglianza, ma spesso le poche risorse investite diventano penalizzanti. Per gli operatori costretti spesso a turni piu' lunghi per carenza di organico, per i detenuti stessi che a volte vengono privati di
opportunita' importanti".
Per l'assessore regionale al sociale Visini "il Lazio ha rivoluzionato il welfare passando da un sistema assistenzialista ad uno volto all'inclusione attiva. Dobbiamo puntare sul lavoro e sul reinserimento- ha spiegato Visini- perche' la civilta' di un Paese si misura dalla capacita' di dare dignita' alle persone", ha concluso.
(DIRE)