Nelle carceri calabresi 2800 detenuti e 74 assistenti volontari
LAMEZIA TERME - Sono 2800 i detenuti attualmente rinchiusi nelle carceri calabresi, il 14 per cento dei quali è di nazionalità straniera. E’ accertato, inoltre, che 1500 sono imputati e 1179 sono persone che hanno ricevuto una condanna definitiva; 736 sono reclusi in istituti di media sicurezza e, secondo l’indagine effettuata nel settembre scorso, 212 sono tossicodipendenti. Questi, in sintesi, i numeri riguardanti i penitenziari della Calabria forniti nel corso del seminario sul “ruolo del volontariato nelle carceri”, organizzato dai Centri servizi volontariato calabresi. L’iniziativa, in programma per oggi in un hotel di Lamezia Terme, ha voluto essere un’importante occasione di confronto per i volontari e gli aspiranti tali che vogliono impegnarsi all’interno delle carceri del territorio regionale. Il dibattito moderato da Francesco Cosentini, responsabile calabrese del coordinamento degli enti ed associazioni di volontariato penitenziario, ha evidenziato la necessità di creare delle reti per ‘incanalare’ l’attività delle tante associazioni che operano dietro le sbarre a favore della promozione umana dei detenuti.
Rosario Tortorella, provveditore vicario dell’amministrazione penitenziaria della Calabria, ha riferito che in regione vi sono 74 assistenti volontari, mentre solo 2 sono i volontari che operano nell’ufficio di esecuzione penale esterna, ovvero nel settore delle pene alternative al carcere. Numeri decisamente non eclatanti per cui si impone un fattore essenziale e cioè che “il volontariato sia strutturato, qualificato e non svolto da un singolo in forma assistenziale. Con le persone che si muovono da sole e che fanno mero assistenzialismo – ha sottolineato Tortorella – non si costruisce nessuna sinergia. Il volontario deve operare per l’integrazione con le istituzioni e non semplicemente per dare conforto”. Nel corso del seminario è stata evidenziata anche la necessità che “il volontariato conosca bene i soggetti a favore dei quali si vuole operare perché non esiste un detenuto tipo – ha commentato Angela Paravati, direttore del carcere di Catanzaro – Le esigenze di un tossicodipendente sono diverse da quelle di un mafioso o di un terrorista o da quelle di chi uccide la moglie. Non è facile fare volontariato per persone considerate ‘cattive’ e quindi non bisogna avere pregiudizi ma bisogna convincerci che anche il mondo del carcere appartiene alla collettività, che è una parte della società in cui viviamo”. Luisa Prodi, presidente nazionale del Seac (Coordinamento dei gruppi di volontariato penitenziario che operano in Italia), ha ringraziato i Csv calabresi per aver voluto organizzare il seminario. “Quest’iniziativa è un bel segno – ha detto Prodi – Per fare volontariato tra le sbarre serve unitarietà e formazione congiunta, sia per realizzare il singolo evento, sia per le attività permanenti. Bisogna che il volontario sia ben preparato perché non corra il rischio di farsi strumentalizzare dal detenuto; bisogna coltivare la capacità di ascolto perché non dobbiamo dimenticare che gli obiettivi precipui del volontariato che opera a favore del carcerato, devono essere sostegno morale e reinserimento sociale”. (msc)