Niente partita per i profughi. Appello al questore per farli entrare allo stadio
BOLOGNA - “Guardare una partita allo stadio è un diritto che non deve essere negato a nessuno”. È questo l’appello che Roberto Morgantini, vice presidente dell’associazione Amici di Piazza Grande, ha lanciato con una lettera indirizzata al Questore e alle istituzioni locali. Il 22 maggio insieme a una decina di profughi ospiti delle strutture di accoglienza di Bologna e in possesso di regolare permesso di soggiorno, aveva chiesto alla società del Bologna Calcio di acquistare i biglietti per la partita con il Lanciano. Al momento di comprare il biglietto, la Questura ha fatto sapere che la legge non ritiene il permesso di soggiorno un documento valido per accedere a un impianto sportivo. Così i ragazzi hanno dovuto rinunciare a entrare al Dall’Ara.
“Si chiamano Mamadou, Malik, Moussa e raccontano vite provenienti da altre geografie, sono fuggiti dalle loro terre per non intrappolarsi nella guerra, per scappare dal ricatto della fame o solo perché oppositori di regimi militari corrotti che insanguinano, nel silenzio della comunità internazionale, popolazioni inermi sprovviste di speranza – scrive Morgantini – Da alcuni mesi sono a Bologna, ospitati nei diversi centri di accoglienza con lo status di ‘profughi’ o ‘rifugiati’, in attesa che qualcuno, dal ministero, gli consegni un po’ di futuro da comporre, lontani dalle loro famiglie, per chi ne ancora una. Lo Stato si prende cura di questi uomini garantendogli un pasto e l’alloggio per un periodo limitato”. Morgantini racconta di come nel loro sguardo sia custodita la “tragedia, il terrore della fuga che li fa tremare ancora di fronte alla curiosità di chi gli domanda come siano arrivati in Italia”. Ma anche di come “le loro facce sanno sorridere, come quando, in un misto di inglese, francese, dialetto bolognese, parlano di calcio, di quel calcio europeo che tanto attrae e affascina migliaia di giovani africani”. Nasce da qui la voglia di portarli allo stadio per assistere a una partita.
“La macchina della solidarietà bolognese si mette in moto – continua Morgantini – ma come per tutte le cose che solo raccontate risultano semplici, quando le vai a misurare con la realtà scopri che poi così facili da realizzare non sono”. Per entrare allo stadio serve un documento di riconoscimento, carta d’identità o passaporto. Ma questi ragazzi non hanno nessun documento ufficiale rilasciato dai loro Paesi, hanno solo un documento identificativo del ministero degli Interni italiano. Documento che, però, non è sufficiente per entrare allo stadio. E così il 22 maggio i ragazzi restano fuori dal Dall’Ara.
“Sarebbe bello se chi ha il potere di decidere sulla possibilità per questi ragazzi di poter assistere alla loro prima vera partita di calcio li lasciasse entrare – scrive Morgantini – Quei 90 minuti, al di là dell’aspetto puramente sportivo, rappresenterebbero l’inizio di una nuova partita, dove la vita giocherebbe con la speranza. Il 2 giugno il Bologna gioca in casa il ritorno dei play off, speriamo possano vederla”. (Dino Collazzo – lp)